La grazia di Dio opera in noi
01 ottobre 2020
Un giorno una parola – commento a I Corinzi 15, 9-10
Poiché il tuo cuore è stato toccato, poiché ti sei umiliato davanti a Dio, udendo le sue parole contro questo luogo e contro i suoi abitanti, poiché ti sei umiliato davanti a me e ti sei stracciate le vesti e hai pianto davanti a me, anch’io ti ho ascoltato, dice il Signore
II Cronache 34, 27
(Paolo scrive): «Io sono il minimo degli apostoli, e non sono degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio. Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio che è con me»
I Corinzi 15, 9-10
Il brano della prima lettera ai credenti di Corinto è parte dell’importante messaggio che l’apostolo Paolo offre a quella Chiesa: Gesù Cristo è risorto ed è apparso a molti discepoli e a più di cinquecento credenti. L’ultimo a incontrare il Signore risorto è Paolo stesso il quale non si considera degno di essere apostolo, anzi si considera il minimo, perché ha perseguitato la Chiesa.
Ugualmente il Signore lo ha scelto per essere apostolo e questo è accaduto non per meriti, ma per la grazia di Dio.Più volte l’apostolo ha posto tale grazia quale potenza. Così è evidente nel messaggio della giustificazione gratuita solo per grazia (Romani 3, 24) e nelle formule della benedizione per le chiese (Romani 16, 24). Sempre la grazia è operante per costruire vita nuova.
La grazia, dunque, ha operato in Paolo per farlo apostolo; la grazia opera sempre in noi per renderci testimoni della resurrezione di Cristo.