Ecosistemi umani
03 febbraio 2020
Una ricerca pubblicata su Ecology Letters mette in stretta correlazione lo sviluppo dei primi ominini e l’estinzione di alcuni grandi carnivori, evidenziando l’impatto umano sugli ecosistemi.
Il cambiamento climatico è sotto i nostri occhi, quasi ogni giorno si ha notizia di eventi atmosferici estremi. Tanto che il lessico usato per definire questi fenomeni sta cambiando: si parla ormai di crisi climatica, di manifestazioni di un ambiente dai comportamenti estremi e talvolta imprevedibili.
Tutte le attività umane provocano un impatto sugli ecosistemi, e non solo quelle che provocano un inquinamento “diretto” come possono essere le emissioni industriali o la cementificazione. Pensiamo anche a tutti quei casi di inquinamento “indiretto”: la quotidiana creazione di rifiuti, l’allevamento o la coltivazione intensivi, lo spreco alimentare, ad esempio. In tutto il mondo attivisti e non solo si stanno mobilitando per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e dei governi affinché vengano presi degli impegni seri per la risposta alla crisi climatica.
Spesso si sente dire, a sostegno della necessità di azioni per l’ambiente, che l’impatto umano abbia determinato forti stravolgimenti del clima a partire dalla seconda rivoluzione industriale, alla fine del XIX secolo. Se dal punto di vista delle emissioni di inquinanti nell’atmosfera questa affermazione è condivisibile, non bisogna pensare che il forte impatto umano abbia solamente due secoli.
Una ricerca pubblicata su Ecology Letters intitolata “Brain expansion in early hominins predicts carnivore extinctions in East Africa” cerca di fare luce sul momento in cui l’uomo, o meglio i suoi antenati, abbia iniziato a condizionare il suo ecosistema. Bisogna quindi fare un passo indietro nel tempo, un passo lungo poco meno di 4 milioni di anni. A quel tempo, nell’Africa centro-orientale, si stavano sviluppando alcune specie di ominini che oggi sappiamo essere stati nostri antenati. Di piccola statura, con un cervello di piccole dimensioni rispetto al nostro (all’incirca 1/3), poche armi naturali, né artigli né zanne. Eppure, la recente ricerca è riuscita a dimostrare come la crescita del volume dell’encefalo dei nostri antenati sia corrisposta a un aumento dei tassi di estinzione dei grandi carnivori nella stessa regione interessata dallo sviluppo dei primi umani.
Ciò non significa che gli antichi ominini cacciassero i grandi carnivori per cibarsene, come pure qualche ricercatore ha suggerito: non ne avrebbero avuto le competenze né l’interesse. Siamo ancora una volta in presenza di un inquinamento “indiretto”. Sono tre, al momento, le ipotesi sul tavolo per quanto riguarda le cause di questa importante estinzione di grandi carnivori. Gli ominini avrebbero potuto predare direttamente gli erbivori, togliendo fonti di approvvigionamento ai grandi carnivori, ma questa idea è stata scartata dai ricercatori in quanto i nostri antenati non avrebbero ancora avuto le forze per cacciare. La seconda ipotesi e la terza sono concettualmente vicine tra loro: gli ominini per cibarsi si sarebbero serviti di carcasse non protette dai carnivori o avrebbero scacciato questi ultimi dalle loro stesse prede (fenomeno conosciuto come cleptoparassitismo). Questi due ultimi approcci potrebbero essere quelli più plausibili dal momento che non richiedono specifiche competenze tecnologiche o di comportamento.
L’attacco alle fonti dirette di cibo per i grandi carnivori da parte degli ominini va inoltre inserito in un contesto di cambiamenti ecologici più ampi. Proprio a partire da 3,5 milioni di anni fa si ebbe un drastico calo della forestazione nell’Africa centro-orientale, nonché una crescita della siccità, fenomeni che potrebbero aver contribuito ulteriormente alla scarsità di animali erbivori alla base della catena alimentare. È interessante notare come l’attività dei nostri antenati non abbia avuto grandi influenze sulle condizioni dei carnivori di dimensioni minori, maggiormente adattabili e con fonti di approvvigionamento differenti.
Man mano che il cervello dell’uomo è aumentato in dimensioni, l’impatto umano sul nostro pianeta è cresciuto. Certo, non si tratta di una conseguenza diretta, ma può aiutarci a ragionare sul nostro ruolo, in quanto umani, sulla Terra. Su quanto il nostro approccio alle risorse sia invasivo, sulla nostra capacità di influenzare ciò che ci circonda, volontariamente o meno. Le ricerche su questo nostro passato non possono ovviamente essere usate come giustificazioni del comportamento umano presente, o come spiegazioni di quanto sta accadendo oggi. Ad essere cambiato non è solamente il clima, il nostro ecosistema, ma gli stessi umani sono diversi da quei primi ominini. Eppure, oggi come allora, siamo strettamente legati al nostro pianeta: noi dipendiamo dalla Terra e la Terra dipende da noi.