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Apriamo il pastorato alle donne

Un progetto della Comunità battista della Repubblica Democratica del Congo che combatte un’eredità patriarcale di origine coloniale

Samuel Ngayihembako è convinto che il futuro del Congo sia nelle donne. Per questo il pastore, presidente della Cbca, Communauté baptiste au centre de l’Afrique, da anni si adopera per estendere il pastorato anche a loro. In questa chiesa, nata nel 1927 dall’opera missionaria americana, che conta oggi circa 800 pastori e 450.000 membri, le donne possono già operare nei ministeri legati all’evangelizzazione, alla cappellania scolastica e ospedaliera, peraltro fondamentali, ma non possono ancora svolgere gli atti più “istituzionali” come la Santa Cena o la celebrazione dei matrimoni.

Ngayihembako, classe 1956, è convinto della necessità di un cambiamento di mentalità, e per questo ha avviato un progetto di formazione accademica e pastorale per le giovani donne congolesi. Già una trentina di studentesse dell’Università libera dei paesi dei grandi laghi (Ulpgl), a Goma, ha ricevuto il sostegno per i propri studi teologici.

Lo stesso promotore dell’iniziativa ha avuto un percorso di studio particolare, che lo ha portato nel cuore dell’Europa: dopo la laurea in teologia all’Università protestante del Congo, infatti, ha compiuto i suoi studi di specializzazione alla Facoltà di Teologia dell’Università di Ginevra negli anni Ottanta, e contemporaneamente all’Università cattolica di Lovanio in Belgio, una doppia formazione che gli è stata molto utile con gli studenti, una volta tornato nel suo paese.

Ngayihembako ha infatti deciso di tornare in Congo, nonostante la situazione politica assai difficile, convinto di essere più utile lì, di poter servire meglio la Chiesa e Cristo che restando nel paese europeo, come ricordava tempo fa, in occasione di una visita in Svizzera, al giornale Réformés (vedi l’intervista qui).

Il legame con la Svizzera è però rimasto saldo, infatti il suo progetto è sostenuto, anche finanziariamente, da una decina di chiese cantonali svizzere, per un impegno di circa 20.000 dollari. Tra le più coinvolte in questo progetto, la chiesa protestante di Ginevra e in particolare il suo presidente Emmanuel Fuchs, che nell’articolo pubblicato in questi giorni da Réformés ha raccontato di essere rimasto «molto impressionato da queste donne, moderne, interessanti e interessate», che hanno spiegato che «nessuna famiglia accettava di pagare i loro studi in teologia, perché non c’è futuro, in quanto non hanno la possibilità di accedere al ministero».

Le resistenze si incontrano anche fra i pastori, sottolinea Fuchs, se i più giovani e meglio formati sono generalmente favorevoli, non è così per tutti. 

E c’è un elemento che aggrava la situazione e che rende noi europei in parte responsabili: «Nella società congolese tradizionale – spiega infatti Fuchs – le donne erano al primo posto ed erano rispettate. La loro condizione è fortemente peggiorata con la colonizzazione, che ha imposto il modello patriarcale occidentale». Per questo, si tratta di fare capire che le loro reticenze  «sono i riflessi di una cultura che non è la loro».

Le donne giocano già oggi un ruolo fondamentale, soprattutto in un contesto difficile come quello del Congo, scosso dalle violenze, dalle tensioni politiche interne, e dall’epidemia di Ebola non ancora sconfitta (ne avevamo scritto per esempio qui e qui). Nel paese il lavoro delle chiese è determinante in vari settori, da quello scolastico (la Cbca conta 723 scuole materne, primarie e secondarie, a cui si aggiungono 135 centri educativi per giovani e adulti per combattere l’analfabetismo), a quello sanitario (con la gestione di decine di centri sanitari di vari livelli), spesso colmando le lacune dello Stato.

La Cbca, che per un periodo si è chiamata Eglise Protestante Baptiste au Kivu, dal nome della regione intorno all’omonimo lago in cui era concentrata, poi si è estesa e ha assunto il nome attuale, è membro della Chiesa di Cristo del Congo, coopera con diversi organismi internazionali tra cui Bread for the World, la Conferenza delle chiese di tutta l’Africa (Ceta), l’Alleanza battista mondiale, Christian Aid, ed è in previsione di unirsi al Cec, il Consiglio ecumenico delle Chiese.

 

Foto: un incontro di formazione dei contabili della Cbca (fonte: Cbca)

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