I corridoi umanitari al Parlamento europeo
16 dicembre 2019
Nella Giornata mondiale dei Diritti umani presentato a Bruxelles il progetto di passaggi sicuri verso l'Europa
Nella Giornata mondiale dei diritti umani, che si celebra ogni anno il 10 dicembre, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), la Tavola valdese e la Comunità di S. Egidio, insieme a una rete di Chiese e associazioni ecumeniche europee, hanno promosso un incontro al Parlamento europeo per lanciare la proposta di corridoi umanitari europei, sulla base dell’esperienza ormai consolidata nei singoli Paesi. La proposta riguarda 50.000 richiedenti asilo nell’arco di due anni, identificati dall’Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr) sulla base dei criteri per il riconoscimento della protezione internazionale.
Il programma dovrà avere un coordinamento europeo con il coinvolgimento di diversi Paesi. In una prospettiva di medio-lungo periodo, l’azione comune sul campo riguarderà la Libia e i 15 Paesi lungo la Central Med Route, secondo una visione strategica che eviti il rischio di attirare indiscriminatamente le persone (pull factor), garantisca un flusso gestibile di arrivi e predisponga un’accoglienza adeguata nei diversi Stati membri aderenti. Il coinvolgimento della società civile avverrà con un meccanismo flessibile e differentemente declinato in base alle decisioni e caratteristiche di ogni Paese coinvolto.
Occorre cogliere il momento favorevole, è stato ripetuto nei vari interventi, con l’impegno del governo italiano e delle istituzioni europee. A ospitare l’iniziativa è stato il vicepresidente del Parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo, con responsabilità per diritti umani e democrazia, che ha sottolineato l’importanza del progetto. Tanti i relatori: la viceministra Emanuela Claudia Del Re ha espresso l’intenzione del Governo di appoggiare i corridoi umanitari europei per coniugare sicurezza e solidarietà; Luca Maria Negro, presidente Fcei, ha ricordato il carattere ecumenico dell’iniziativa nel segno dell’amore per lo straniero, come da dichiarazione siglata a Roma dalle chiese europee il 7-8 ottobre 2019; Jan De Volder dell’Ufficio europeo di S. Egidio ha messo in luce il carattere di complementarietà del progetto e l’intenzione della nuova Commissione europea di perseguire questa strada; la moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta ha espresso l’urgenza dell’azione e la fiducia che una nuova alleanza tra persone coraggiose e visionarie – provenienti dal mondo delle Istituzioni, dalla società civile e dalle chiese – possa fare la differenza; Nagette Belgacem e Nathalie Springuel dell’Unhcr hanno fornito un quadro aggiornato della situazione; Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope (Mh – Fcei), ha presentato il documento con le diverse fasi progettuali; Laura Corrado, Capo dell’Unità per la Migrazione legale e l’Integrazione della Direzione generale “Migrazione e Affari Interni” della Commissione europea, ha auspicato un nuovo patto in materia migratoria; Torsten Moritz, segretario esecutivo della Churches Commission for Migrants in Europe (Ccme), ricordando il peggioramento delle condizioni di migranti e rifugiati in Europa, ha lanciato un appello per la protezione della vita delle persone tramite un comunicato con la Conferenza delle chiese europee (Kek) in cui si legge che la crisi umanitaria ci chiama come cristiani a essere testimoni e offrire ospitalità; Luigi Maria Vignali, Direttore generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie della Farnesina, ha approfondito i dettagli del programma.
Come sviluppare i passaggi legali, con fondi europei e strumenti sostenibili per l’interazione-integrazione, in grado cioè di rendere le persone attivamente protagoniste di un progetto migratorio e non vittime passive di tragedie e violenze? Innanzitutto con un programma di orientamento psicosociale prima della partenza che aiuti a individuare percorsi personalizzati di integrazione con il coinvolgimento e la preparazione dei territori di destinazione: queste buone prassi, già sperimentate in progetti pilota, potranno essere rafforzate, minimizzando il fenomeno dei movimenti secondari verso un altro Stato europeo.
I corridoi umanitari europei sono stati presentati come uno strumento complementare ai programmi nazionali di ingresso e non intendono sostituirsi agli impegni assunti dai singoli Stati in materia di protezione internazionale. Si differenziano inoltre dai programmi di resettlement, in base ai quali i rifugiati riconosciuti dall’Unhcr vengono trasferiti da un paese di primo asilo verso un paese terzo, e sono altra cosa rispetto all’evacuazione umanitaria dalla Libia verso singoli Paesi o verso centri di raccolta dell’Unhcr, in Niger e Ruanda. Il confronto costruttivo dell’incontro, cui è seguito un dibattito partecipato, ha permesso di ravvisare elementi di speranza concreta che potranno mobilitare le energie disponibili nella società civile europea per trovare soluzioni più umane alla questione migratoria.