Giusto conoscere le convinzioni religiose dei politici?
25 ottobre 2019
In Svizzera si è votato domenica scorsa: per la prima volta i candidati del Cantone di Ginevra non erano tenuti a comunicare la propria appartenenza religiosa. Il tema ha fatto dibattere
Sono i due partiti Verdi i vincitori delle elezioni federali in Svizzera che si sono svolte domenica 20 ottobre. Sono gli unici due partiti infatti a incrementare i consensi in maniera ragguardevole rispetto alle passate votazioni, guadagnando complessivamente 26 seggi. Primo partito resta l’Udc, L’Unione democratica di centro che porta a casa 53 seggi. 39 gli scranni per il Partito socialista.
Fra i vari temi oggetto di dibattito fra i vari candidati al parlamento elvetico ve n’è stato uno che ha riguardato il Cantone di Ginevra e che ha fatto molto discutere. Per la prima volta i candidati hanno dovuto «astenersi dal denunciare la loro appartenenza religiosa», se presente al momento della candidatura. Si tratta di un riflesso della nuova legge sulla laicità, adottata dai cittadini di Ginevra il 10 febbraio scorso. Il paragrafo 5 dell'articolo 3 stabilisce che tutti gli «agenti dello Stato», gli operatori pubblici, «si astengono dal riferire la loro appartenenza religiosa con parole o segni esterni».
La Rete evangelica svizzera (Res) ha denunciato il fatto che questa «legge crea un tabù intorno alle convinzioni filosofiche o religiose dei rappresentanti dello Stato, come se non fosse interesse dei cittadini conoscerle». Da parte della Chiesa protestante di Ginevra (Epg), che ha ampiamente sostenuto questa nuova legge, si ritiene che «questo emendamento è andato troppo oltre le volontà iniziali».
«Questa disposizione è stata aggiunta in sessione, è stata una manovra di voto, che non ha aggiunto nulla alla qualità della legge e strategicamente ha aggiunto alcuni voti alla causa», riferisce il pastore Blaise Menu dell'Epg.
«Questa legge aveva lo scopo di preservare la pace confessionale», ha dichiarato Olivier Bigler, avvocato di uno dei ricorsi presentati alla Corte Costituzionale ginevrina da cittadini e associazioni proprio in relazione a questo comma, e di cui anche la Res è firmataria. L'invito rivolto ai funzionari eletti a non manifestare le loro convinzioni religiose di dominio pubblico viola, a suo avviso, la libertà religiosa come definita dalla Costituzione e pertanto non sarebbe né più né meno che «incostituzionale».
«Abbiamo eletto a Ginevra cristiani, musulmani, agnostici, atei, ecc. riflettendo la pluralità confessionale della società», continua Michael Mutzner, portavoce della Rete evangelica elvetica. «Se queste persone non vengono elette come rappresentanti di una comunità religiosa, resta il fatto che il loro background filosofico o confessionale segnerà il loro impegno politico».
«I cittadini hanno il diritto di sapere in cosa credono i loro rappresentanti», prosegue la Res nella sua dichiarazione. Stessa sensazione da parte del Ppd, il partito popolare democratico di Ginevra. Vincent Maître, suo presidente, ricorda anche che «mentre il Ppd ha svolto un ruolo importante nella stesura di questa legge in commissione, si è sempre opposto a questo emendamento della destra, che prevede che i funzionari pubblici si astengano dal segnalare la loro appartenenza religiosa con segni esterni visibili. La ragione? Riteniamo che i deputati e i consiglieri comunali, a differenza dei rappresentanti dei poteri esecutivo e giudiziario, non abbiano un ruolo di rappresentanza statale e, in secondo luogo, che gli elettori debbano scegliere i loro candidati in base alle proprie convinzioni e con piena conoscenza dei fatti, anche per quanto riguarda il loro orientamento religioso».
Esiste il diritto di un cittadino di conoscere le convinzioni religiose dei funzionari eletti? Michael Mutzner non vuole andare così lontano: «Non credo che sia necessario chiedere un “diritto” in questa materia, non si tratta di forzare un funzionario eletto a rivelare le sue convinzioni religiose. Stiamo semplicemente dicendo che c'è un interesse per il pubblico nel conoscere queste convinzioni. La creazione di un tabù sulla questione non è al servizio della democrazia».
Dalla parte della Chiesa protestante di Ginevra, Blaise Menu ricorda che «il secolarismo è anche il promemoria che la religione non può essere utilizzata per scopi politici». Se questo pastore ammette che «la scelta dell'elettore deve essere onorata in tutte le circostanze», insiste sul fatto che la fede di un candidato «non deve essere un argomento di voto in sé» - per evitare precisamente tutta la strumentalizzazione.