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Isis, perché le colpe dei padri non ricadano sui figli

Grazie all'impegno curdo, due bambini figli di miliziani islamici deceduti sono stati rimpatriati in Austria 

Stando a quanto ha dichiarato Fanar al-Kaeet, un responsabile per gli Esteri dell'amministrazione autonoma curda (notizia riportata in un comunicato del 2 ottobre dell'agenzia AFP) due fratellini rimasti orfani (i cui familiari, legati allo Stato islamico, erano presumibilmente deceduti) sono stati consegnati a rappresentanti degli Esteri austriaci e portati a Vienna. Avvenuto attraverso il passaggio di Samaka (tra il nord-est della Siria e il Kurdistan iracheno) tale rimpatrio risulta tra i primi del genere verso un paese europeo. Un'operazione che ha potuto realizzarsi grazie alle autorità curde delle zone autonome (almeno per ora e comunque relativamente) all'interno dello Stato siriano. 

La richiesta all'amministrazione curda veniva direttamente dal Ministero degli Esteri austriaco in risposta alle pressanti domande della nonna dei due piccoli. La loro mamma, austriaca, aveva raggiunto il “califfato” ancora nel 2014, all'età di quindici anni.

Da marzo, con la definitiva sconfitta dello stato islamico, si è posto l'urgente e drammatico il problema dei familiari dei miliziani islamici (in particolare per quelli di provenienza europea). Attualmente sarebbero parecchie migliaia gli stranieri confinati nei campi del nord-est siriano sotto controllo curdo. Tra loro quattromila donne e dodicimila bambini, la metà dei quali – secondo l'ONU – orfani o comunque “non accompagnati”.

Finora a rimpatriare decine di donne e bambini (e anche qualche miliziano) loro concittadini sono stati soprattutto l'Uzbekistan, Il Kazakistan e il Kosovo. Piuttosto rari invece, almeno finora, i casi di figli di cittadini europei andati a combattere con l'Isis recuperati da paesi europei. 

Con questo rimpatrio si è forse voluto dare un segnale di segno opposto e - stando a quanto affermano fonti del ministero degli Esteri austriaco - altri tre bambini nella stessa situazione dovrebbe essere rimpatriati a breve.

Almeno in questo caso le colpe – innegabili – di padri e madri non ricadranno sui figli, vittime innocenti del fanatismo.

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