Andata e ritorno dall’Africa australe
19 febbraio 2019
Il viaggio raccontato sotto diversi punti di vista: le missioni dell’800 e anche il nostro immaginario attuale
Inaugurata sabato 16 febbraio al Centro Culturale Valdese di Torre Pellice, rimarrà visitabile fino al 5 maggio la mostra I due versi del viaggio. Italia-Africa australe, Africa australe-Italia. Viaggi di esplorazione, di migrazione e la collezione di africanistica del museo valdese.
L’esposizione è parte di un progetto molto più ampio, che lega la Fondazione Centro Culturale Valdese alla Società geografica italiana, al Museo delle civiltà di Roma e alla Défap delService Protestant de Mission. Ognuno di questi soggetti ha contribuito alla mostra con proprie documentazioni e parti d’archivio.
Davide Rosso, direttore del Centro Culturale Valdese, spiega che «la collezione di africanistica del nostro museo è molto corposa, conta circa 350 pezzi, ma non volevamo realizzare un’esposizione dedicata solo agli oggetti del nostro archivio. Questa mostra fa dialogare differenti tipi di patrimonio: immagini, documenti, fotografie, oggetti. Poter incrociare questi elementi, che erano custoditi in vari luoghi, arricchisce la visione che possiamo avere dei viaggi missionari di due secoli fa. Le missioni allora erano intese dall’Europa all’Africa. Ora invece l’immaginario del viaggio è proiettato dall’Africa all’Europa. Ma cosa significava essere migranti a fine ‘800, quando tra l’altro i migranti erano gli europei? Cosa si andava cercando con i viaggi d’emigrazione? Cosa si riportava in Europa?».
Protagonisti della mostra sono tre valdesi che andarono in missione in Africa: Giacomo Weitzecker, pastore valdese che parte con la moglie, e i due fratelli Louis e Adolphe Jallà.
La mostra racconta i loro viaggi sotto diversi punti di vista: i missionari infatti andavano in Africa non solo per evangelizzare, ma anche per raccogliere informazioni come geografi, etnologi, esploratori. Riportavano in Europa materiale prezioso: oggetti, informazioni, racconti.
In mancanza di apparecchi fotografici, poi, i missionari diventavano abili disegnatori, rappresentando panorami e caratteristiche dei luoghi che attraversavano. Annotano gli avvenimenti di ogni giorni, ma gli appunti dei loro taccuini diventavano più di semplici diari, perché erano annotazioni da geografi: persone, luoghi, fauna, flora, latitudine, ambiente, odori.
Aggiunge Rosso: «in mostra per esempio è raccontato il viaggio che Weitzecker compie verso Kimberly, dove sorgevano le miniere di diamante. Aveva il compito di scoprire se vi erano italiani. Ne trova 160, di cui 37 piemontesi e intervista ognuno di loro. Riporta tutti i suoi appunti in una relazione alla Società Geografica, che aveva commissionato il viaggio e noi possiamo leggerli come un pezzo di storia lontana».