La Chiesa ortodossa russa rompe le relazioni con Costantinopoli
16 ottobre 2018
Interrotta la comunione eucaristica dopo la decisione del Patriarcato ecumenico di concedere l'autocefalia alla chiesa ucraina. La più grave crisi del mondo cristiano da 1000 anni a questa parte
La risposta della Chiesa ortodossa russa alla decisione presa dal sinodo del Patriarcato di Costantinopoli di concedere l’autocefalia (autonomia) alla Chiesa ortodossa ucraina non si è fatta attendere. Riunito a Minsk in Bielorussia il Santo Sinodo, cioè il collegio dei vescovi, è stata adottata una dichiarazione che annuncia l’immediata interruzione della comunione eucaristica con il Patriarcato di Costantinopoli: «L'accettazione nella comunione di un'altra Chiesa locale di scismatici (il riferimento è alla chiesa ortodossa ucraina, creata nel 1991 e sempre considerata “illegale” da Mosca, Ndr) e di una persona colpita da anatema (Filarete, l’autore di questo scisma all’indomani della dissoluzione dell’Urss e oggi patriarca della Chiesa ortodossa ucraina, Ndr) con tutti i "vescovi"e i "chierici" da questi ordinati, è un assalto alle eredità canoniche altrui, un tentativo di farli rinunciare alle proprie decisioni e impegni storici; tutto questo porta il Patriarcato di Costantinopoli al di fuori dei confini canonici e, con nostro grande dolore, ci rende impossibile continuare nella comunione eucaristica con i suoi vescovi, clero e laici». E ancora: «D'ora in poi, e fino a quando il Patriarcato di Costantinopoli non cesserà di intraprendere le sue decisioni anti-canoniche, per tutti i chierici della Chiesa ortodossa russa è impossibile la concelebrazione con il clero della Chiesa di Costantinopoli, e per i laici la partecipazione ai sacramenti celebrati nelle sue chiese».
Il Santo Sinodo russo ha anche esortato i Primati e i Santi Sinodi delle Chiese ortodosse locali a valutare correttamente i sopracitati atti anti-canonici del Patriarcato di Costantinopoli e a cercare insieme le vie d'uscita dalla più grave crisi che sta lacerando il corpo della chiesa. Il metropolita Hilarion, capo dipartimento dei legami ecclesiastici esterni del Patriarcato di Mosca in una nota ha affermato: «E' stata una decisione forzata, ma il nostro Santo Sinodo non poteva prenderne un'altra visto che a questo portavano tutte le ultime azioni del Patriarcato di Costantinopoli».
E’ stata in sostanza revocata la validità della lettera sinodale del 1686 che concedeva al patriarca di Mosca la nomina del metropolita di Kiev e che secondo Costantinopoli aveva carattere transitorio.
Si tratta di uno scontro anche e forse soprattutto politico. Da una parte per la Russia quella del patriarca Bartolomeo è una provocazione organizzata con il sostegno degli Stati Uniti, mentre da parte ucraina si definisce questo come un brusco stop alle pretese egemoni avanzate da Mosca e dalla chiesa russa sugli Stati confinanti e più in generale sul mondo ortodosso.
La situazione rischia di complicarsi: molti fedeli e molta parte del clero ucraino non ha alcuna intenzione di rompere con Mosca, che gestisce in Ucraina fra l’altro molti luoghi sacri di primaria importanza. Il rischio di una guerra civile a sfondo religioso di fronte a quella che appare la più grave crisi nel mondo cristiano da 1000 anni a questa parte è concreto. In un contesto di guerra permanente come quello ucraiano, in cui da oltre 4 anni si combatte, l'attenzione internazionale deve rimanere alta.