L'Australia si mobilita contro la paura
15 dicembre 2014
Dialogo, preghiera e solidarietà in risposta agli ostaggi a Sydney
Ci siamo svegliati questa mattina con il flusso di notizie che giungeva da Sydney, dove un uomo armato ha preso in ostaggio alcune persone in una caffetteria. Al di là dei dati di cronaca (vi invitiamo in particolare a seguire l'aggiornatissimo blog del Guardian), uno degli elementi che ha caratterizzato la giornata è stata l'immagine della bandiera nera appesa alle vetrine della caffetteria.
Come confermato da molti siti di news, si tratterebbe di una bandiera ritraente la shahāda, simbolo che, come scrive il Post, rappresenta
la testimonianza con cui il fedele musulmano dichiara di credere in un dio unico e nella missione profetica di Maometto. Si tratta di un simbolo che appare spesso nel mondo islamico, ad esempio è presente nella bandiera dell’Arabia Saudita. Viene utilizzata anche da alcuni gruppi jihadisti, tra cui il Fronte al Nusra, il gruppo che “rappresenta” al Qaida in Siria.
Nel corso della giornata tuttavia sono stati molti i momenti di dialogo, preghiera e mobilitazione che hanno contribuito ad evitare di leggere il grave fatto di cronaca attraverso una lente religiosa. Una parte delle parole guida che sembrano infatti attraversare in queste ore l'Australia rimandano all'unità nella difficoltà del momento.
Moschee, sinagoghe e chiese del Paese sono state aperte per dei momenti di preghiera per gli ostaggi e perché la situazione si risolva al più presto e ci sono stati anche momenti di preghiera interfedi, come testimoniato dalle foto circolate sui social network.
La comunità musulmana australiana ha diffuso un comunicato con cui ha espresso orrore e shock nei confronti di quanto avvenuto a Martin Place.
Anche il Premier dello stato del New South Wales, Mike Baird è intervenuto su Twitter.
Sul social network si è diffusa in poche ore la mobilitazione degli utenti denominata #Illridewithyou, ovvero l'invito ad accompagnare e offrire passaggi alle persone di fede islamica (vestiti ad esempio con l'hijab o altri simboli religiosi), per evitare possibili ritorsioni nei loro confronti. Una catena di solidarietà per scongiurare la diffusione dell'odio religioso nel Paese.
In poco tempo l'hashtag ha fatto il giro del mondo