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24 settembre 2018
Comunione di chiese protestanti in Europa: a colloquio con il segretario Mario Fischer
Conclusa l'assemblea di Basilea della Comunione di chiese protesanti in Europa (Ccpe), cerchiamo di coglierne i momenti salienti con il pastore Mario Fischer, che ci parla dal suo ufficio di segretario generale della CcpE a Vienna.
L'Assemblea è stata molte cose insieme: discussione di documenti importanti, confronto fra esperienze di chiese grandi e piccole, di Stato o di minoranza, ecumenismo, società: ma quali sono i suoi compiti?
«Il segretario generale è a capo degli uffici della CcpE e la sua responsabilità principale consiste nello sviluppare e rafforzare la comunione ecclesiale fra le chiese e, allo stesso tempo, di mantenere l'efficacia organizzativa della Comunione; in pratica è il compito di un pastore, che vuol tenere unito il proprio gregge; e ancora si tratta di mantenere i compiti affidati alla CcpE dall'Assemblea generale».
–Come si struttura il lavoro della Comunione?
«.L'Assemblea generale si svolge ogni sei anni, ed elegge un Consiglio di 13 membri, che si incontra almeno due volte all'anno; il Consiglio poi elegge il presidente e i due vicepresidenti. Poi c'è il nostro ufficio a Vienna: un piccolo ufficio, per una realtà come la Comunione, in cui siamo impegnati in cinque. Solo da ora quello del segretario generale è un impegno a tempo pieno; prima l'ufficio doveva essere allestito nella città del segretario: dapprima a Berlino, e poi, per gli ultimi dieci anni qui a Vienna, perché qui era il vescovo della Chiesa protestante austriaca Michael Bünker. Ora avremo anche un nuovo status legale, che ci renderà autonomi nell'organizzare conferenze e consultazioni in tutti i Paesi della Comunione».
L'Assemblea ha approvato dei documenti ampi e complessi, in particolare quello relativo al dialogo con le altre religioni: che iter si prevede?
«La ricezione da parte delle chiese non sarà veloce: sono conosciuti dagli organismi di ognuna delle Chiese, e i testi sono per ora disponibili nelle sole lingue ufficiali della Comunione [tedesco, inglese, francese, ndr], non in italiano, per esempio, né in polacco. Dopo un po' di tempo alcune Chiese cominciano a tradurli, in parte o integralmente. Un'altra novitàdi quest'ultima Assemblea è che abbiamo discusso proprio dei vari percorsi che si possono dare alla ricezione di questi documenti nelle Chiese: fra tre anni dovremmo fare una prima valutazione sui risultati delle reazioni; questo ci è stato richiesto dall'Assemblea, in particolare, proprio per il testo sul dialogo con le altre religioni. Specialmente i documenti di argomento etico, su inizio e fine della vita, vengono molto discussi nelle Chiese [cfr. Consiglio della Comunione di chiese protestanti in Europa, Un tempo per vivere e un tempo per morire, Claudiana, 2012, ndr]».
–L'altro aspetto molto bello nel corso dell'Assemblea è stato quello spirituale, in apertura e la sera, a chiusura della giornata: che cosa possiamo dire?
«La CcpE è una comunione spirituale, e questo si vede specialmente nei momenti di culto, e quest'anno abbiamo avuto tre novità: innanzitutto, in ogni Assemblea abbiamo tre culti con Santa Cena, in apertura, chiusura e la domenica, che finora venivano assegnati a ciascuna delle tre grandi “famiglie” (luterana, riformata, metodista), ma ques'annno abbiamo voluto organizzarli invece in base agli stili musicali; inoltre i culti e le preghiere hanno fatto riferimento a brani degli Atti degli apostoli, familiarizzando con questo libro per tutta la settimana, ricevendo delle impressioni “polifoniche” di questo libro, dalle diverse sensibilità delle chiese. Infine, per la prima volta, gli studenti di teologia che svolgevano funzioni di steward sono stati impegnati nella musica durante le liturgie, e così questi culti hanno avuto anche la dinamicità dei giovani. Certamente la preparazione, da parte del consigliere liturgico Jochen Arnold e della responsabile Adel David, è iniziata un anno fa, con scelta dei testi e delle musiche e con l'individuazione delle persone a cui affidare le preghiere e i culti».
In ultimo: lei parla italiano: come mai?
«Ho studiato alla Facoltà valdese di Teologia nell'anno 1999/2000: era l'anno del Giubileo, che ha fatto trasformare la città; ma alla Facoltà valdese si viveva uno spirito critico che mi ha fatto capire una mentalità diversa, ho capito lo speciale approccio a una teologia della diaspora, che cosa significa prendersi responsabilità di fronte alla società essendo in una situazione di minoranza. Ho avuto come riferimento i proff. Ricca e Rostagno, che mi hanno formato e mi hanno fatto capire che cosa significa “argomentare” non con il potere ma solo con la Parola di Dio».