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Era da poco cominciato il culto domenicale quando nella First Baptist Church a Sutherland Springs, a 35 chilometri a est di San Antonio (Texas), ha fatto irruzione un giovane di 26 anni, Devin Patrick Kelley, ex militare, che ha aperto il fuoco esplodendo una raffica di colpi sulla gente inerme.

Dopo aver scaricato la sua violenza contro la piccola comunità frequentata da circa 50-75 persone, il killer, con indosso un giubbino antiproiettili, è fuggito a bordo di un’auto, dove poi è stato ritrovato morto. Le autorità locali, che in queste ore indagano sul movente e sulla morte dell’assassino, hanno dichiarato che si è trattato della peggiore strage della storia del Texas. Il bilancio parla di 26 morti, tra i 5 e i 72 anni, e almeno 24 feriti. Tra le vittime una donna incinta e anche la figlia quattordicenne del pastore Frank Pomeroy, che insieme alla moglie Sherri, erano fuori città al momento della sparatoria.

Parole di solidarietà sono giunte dai leader della Southern Baptist Convention (Sbc).

«La violenza e il male hanno nuovamente colpito una delle nostre chiese», ha dichiarato Frank Page, presidente e amministratore delegato del Comitato esecutivo della Sbc. «Uomini, donne, ragazzi e ragazze innocenti andati in chiesa per adorare, pregare e studiare la parola di Dio, hanno incontrato una violenza indicibile».

«Dio possa portare guarigione e speranza alla chiesa e alla città», ha dichiarato al Baptist Press il presidente della Sbc, Steve Gaines. «Dio benedica tutti gli agenti di polizia che servono in quella zona. E Dio possa impedire nei giorni a venire ulteriori incidenti come questo nella nostra nazione».

Secondo la banca dati fornita da Carl Chinn, esperto della sicurezza delle chiese, le chiese battiste hanno subito 345 attacchi mortali dal 1999, molti più di qualsiasi altra denominazione americana (il dato non sorprende, dal momento che la Sbc è la più grande denominazione protestante negli Stati Uniti). In linea generale, aumentano gli attacchi violenti compiuti nelle chiese. Chinn ha riferito che il 2015 – con 248 incidenti e 76 morti – è stato un anno record per le violenze avvenute in luoghi religiosi o che hanno coinvolto pastori. L’evento più importante di quell’anno è stato l’attacco alla Emanuel African Methodist Episcopal Church a Charleston (Carolina del Sud).

«Siamo in uno di quei momenti critici nella storia della chiesa che richiede la preghiera. Credo che le nostre chiese siano sotto attacco in un modo mai visto nella storia del mondo e nella storia americana», ha aggiunto Chinn, che senza fare accenno alla facilità con cui in America si acquistano e si utilizzano le armi da fuoco, ha consigliato a tutte le chiese di investire maggiormente sulla sicurezza, utilizzando guardie di sicurezza volontarie fuori e dentro gli edifici di culto.

A negare che la questione delle stragi in America abbia a che fare con le armi, è anche il presidente americano Donald Trump – in visita in queste ore in Giappone – che, esprimendo solidarietà alle famiglie delle vittime della violenza, non ha indicato uno straccio di soluzione che possa mettere fine a questa tragica escalation di sparatorie. Quando negli Usa si parla di armi da fuoco scatta la censura e Trump – a differenza del suo predecessore Barack Obama, che nell’arco dei suoi due mandati si è battuto invano contro la lobby della National Rifle Association per varare una legge che imponesse un maggior controllo sulla vendita e la circolazione di armi negli Stati Uniti, – si conferma essere un sostenitore delle potenti lobby delle armi.

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