Non un fenomeno marginale nel quadro del rinnovamento religioso europeo del Cinquecento. Né un territorio periferico nell’orizzonte politico dell’Impero di Carlo V (Innsbruck era una delle sue capitali e si trattava di un’area di passaggio e comunicazione fra l’Italia settentrionale e il cuore dell’Europa continentale). Né un avvenimento effimero, sia per l’ampia diffusione e i personaggi che l’animarono (Urbanus Rhegius, Jakob Strauß, Stephan Agricola) sia per la durata di più di quattro secoli, fra controversie, scontri militari, persecuzioni, esilii e ritorni. La Riforma nel Tirolo fu un fenomeno importante, ma poco noto, ora ricostruito e illustrato in modo chiaro ed esauriente nella bella mostra allestita nel Museo provinciale di Castel Tirolo, grazie a prestiti importanti di varia provenienza, visitabile fino al 26 novembre e corredata da un approfondito e riccamente illustrato catalogo curato da Leo Andergassen*.
La precoce presenza di predicatori fin dagli anni 1521-24 aprì la strada alla diffusione del pensiero riformato, grazie anche alla circolazione di libelli a stampa provenienti dalla Germania (rappresentati dal ricco fondo conservato nella Landesbibliothek di Innsbruck). La devozione tardomedievale (rintracciabile, a Merano e nei dintorni, negli affreschi di Friedrich Pacher e di Leonardo di Bressanone), caratterizzata anche qui da pellegrinaggi (a Senales, Stams, Vipiteno e altrove), culto dei santi e commercio delle indulgenze, era ampiamente partecipata, ma al contempo motivo di insoddisfazione popolare. Forte rimase anche il sentimento anticlericale (come documenta, fra l’altro, un disegno di Virgil Raber del 1520-30 che ritrae un ecclesiastico gaudente, a letto insieme a due donne).
Dal basso nasceva il desiderio di un «Vangelo incorrotto», libertà di predicazione, libera elezione dei parroci, «comunalizzazione» delle comunità parrocchiali, che si accompagnava a rivendicazioni di carattere sociale e politico, fra cui sottrarre il controllo delle ricche miniere d’argento e d’oro dalle mani dei banchieri Fugger di Augusta. La ribellione guidata da Michael Gaismair risentì dell’eco della guerra dei contadini che l’anno precedente aveva infiammato l’Alta Svevia e la Foresta Nera e aprì la strada alla diffusione del pensiero anabattista, che contribuiva a mettere in crisi l’ordine costituito. La repressione non si fece attendere, ma fu sufficientemente discontinua da consentire la sopravvivenza di un «cripto-protestantesimo» e una convivenza biconfessionale nelle vallate alpine della diocesi di Salisburgo oltre la metà del Seicento, fino all’espulsione dalla Defereggental nel 1684 e dalla Zillertal nel 1731.
Di questo lungo periodo sopravvivono tuttavia ancora le tracce di una circolazione del messaggio riformato anche nella pittura a fresco e su tavola fra Merano, Brunico, Castel Giovio, Gais e Tiss, dove la dottrina luterana della Grazia trova espressione in una serie d’immagini vetero e neotestamentarie, fra cui spicca la produzione di Bartlme Dill Riemenschneider, originario di Würzburg e figlio di Tilman, il più grande scultore del Rinascimento tedesco, coinvolto nelle rivolte contadine del 1525 in Franconia.
Significative sono anche, nelle immagini e nei libri, le tracce della repressione delle comunità riformate, alle quali solo nel 1861 la Protestantenpatent consentì la nascita di parrocchie organizzate, da Merano a Innsbruck. Dell’espulsione di massa dei riformati della diocesi di Salisburgo fornisce una vivace immagine un album acquarellato con 11 scene che illustrano l’arrivo dei profughi ad Augusta nel 1731, mentre alcuni piccoli ritratti su carta eseguiti nell’anno seguente raccontano la vicenda umana di singoli esuli costretti alla fuga fra i monti, in compagnia della sola Bibbia.
Ancora tra fine Ottocento e inizio Novecento la storia delle presenze riformate sopravvive in modo conflittuale nella letteratura tirolese, ben esemplificata nell’opera di Karl Schönherr, che nel 1910 diede voce al dramma del conflitto fra la coscienza individuale e il potere di uno Stato che obbligava all’esodo coatto per motivi di fede.