In Lesotho la crisi politica e l’instabilità sociale che perdurano da alcuni anni stanno vivendo una delle fasi più drammatiche. Prima la fuga e poi il ritorno in patria del primo ministro Tom Thabane, minacciato dalle forze militari della piccola nazione, 2 milioni di abitanti, enclave all’interno del Sud Africa. Ora l’omicidio del generale Khoantle Motsomotso, il capo dell’esercito nazionale, per mano di altri due altissimi gradi delle forze armate, a loro volta caduti sotto il fuoco delle guardie del corpo del generale. Di fronte al crescendo di tensioni anche la Sadc, la Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale, la lega delle 15 nazioni australi del continente, sta valutando l’intervento militare. In questo contesto la Lecsa, la Chiesa evangelica del Lesotho, chiesa membro della Cevaa, la Comunità delle chiese in azione, ha lanciato un appello per chiedere il rispetto dei diritti umani nel paese e per condannare le violenze e le torture a seguito di arresti sommari.
La Lecsa conta 340 mila membri ripartiti in 94 parrocchie. Gestisce ben 500 istituti scolastici di ogni ordine e grado, e due ospedali. E’ la principale chiesa del paese; sono riformati infatti circa il 42% degli abitanti, e cattolici circa il 38%. E’ una delle più vecchie chiese protestanti del continente, fondata nel 1833 dalla Società missionaria evangelica di Parigi.
Il testo dell’appello, disponibile qui in lingua inglese, ricorda come, a partire dal 2012, in più occasione gli organismi di chiesa si sono espressi «contro le violenze, gli arresti di massa, e gli omicidi cruenti, che rimangono impuniti creando in questo modo un’escalation di cui non si vede la fine. Se diventiamo indifferenti, soffriremo tutti per le conseguenze di un conflitto senza fine».
Negli stessi giorni anche il Consiglio delle chiese cristiane del Lesotho ha prodotto un documento dello stesso tenore, che richiama alla calma tutta la popolazione e i soggetti coinvolti negli scontri. Il testo è firmato dal vescovo anglicano Mallane Taaso, dal moderatore della Lecsa pastore Tseliso Masemene, dal pstore Mapeete Sekese della Chiesa metodista africana, dal reverendo Monaheng Sekese delle Assemblee di Dio in Lesotho e dall’arcivescovo cattolico Tlali Lerotholi.
Il Lesotho è terra cara al mondo valdese che ha visto vari pastori svolgere attività missionaria. Il primo fu Giacomo Weitzecker, giunto in terra sud africana nel 1882 con la moglie Luisa Malan. Lo scrittore Edmondo De Amicis incontrò alla stazione ferroviaria di Torre Pellice proprio la famiglia Weitzecker, e colpito dallo spirito di missione dei giovani coniugi, li rese immortali includendoli nel suo celebre libro “Alle porte d’Italia” co nqueste parole: «Alla stazione c'eran tre o quattro famiglie valdesi; qualche bel visetto: due o tre signorine, che avrebbero fatto bene a portar sempre la Bibbia in tasca, come strumento di difesa. Credevamo di fare il viaggio soli, quando al momento della partenza, salirono nel nostro vagone un signore e una signora, che attirarono la nostra attenzione. L' uomo era una figura straordinaria : poteva avere dai trentacinque ai quarant' anni : alto, robusto, una gran barba nera, la fronte ampia, due occhi neri dolcissimi, la carnagione rosea, un' espressione di grande bontà , una testa di Cristo , non so che cosa nel viso , o piuttosto nell' aria del viso , che faceva indovinare una vita sobria e serena, tutta pensieri e propositi benevoli, e un'anima semplice, ma piena di vigore e di coraggio. La signora pareva poco più che trentenne, piccolina, bruna di capelli e di viso, con due belli occhi di bimba, viva e allegra, come se partisse per una scampagnata.... Non tardammo ad attaccare discorso. Dimandammo dove andavano. La loro risposta ci maravigliò molto. Andavano al Capo di Buona Speranza! In Inghilterra prima, dove si sarebbero imbarcati, e di là al Capo di Buona Speranza, e dal Capo nel paese dei Bassutos , della stirpe dei Cafri. Egli era missionario , nativo delle valli; la sua signora, figliuola d'un pastore di Torre Pellice. Il suo nome era Weitzecker. Andava a predicare il Vangelo nella parte della Basutoland non ancora convertita al cristianesimo, e aveva già imparato qualche cosa della lingua poetica e musicale di quel paese. Una casetta solitaria, abbandonata da un altro missionario che s'era spinto più avanti, lo aspettava laggiù, ai confini della barbarie. Partiva con un piccolo bagaglio, la Bibbia, e pochi altri libri; e sua moglie l'accompagnava, per rimaner là con lui. Andavano incontro a una vita di privazioni, piena di difficoltà, di fatiche ingrate, di pericoli, in una terra quasi selvaggia, a una sterminata lontananza dal paese dov'eran nati e cresciuti, ed eran così tranquilli, contenti anzi, come due sposi che facessero un viaggio di piacere... Abbandonava la patria, i parenti , dava un addio a mille cose care , rinunziava alla vita civile, si esiliava dal mondo forse per sempre , spontaneamente , col cuore lieto , non per altro che per andar a dire a gente sconosciuta, all'estremità d'un altro continente... E non osando parlare, augurai loro affettuosamente , dentro di me, che li accompagnasse un tempo felice sul grande Atlantico, che trovassero buona accoglienza in quei paesi lontani, che vi fossero amati, che vi vivessero contenti, che non vi perdessero dei figliuoli , che potessero tornare un giorno alle loro valli, e che vi fossero festeggiati da tutti, e vi chiudessero la loro nobile vita senza dolori, amandosi sempre, e benedicendo il passato».
Dopo di loro fu il turno del pastore Adolfo Jalla e della moglie Emma Pons fare visita proprio a Weitzecker nella regione del Lesotho, prima di spostarsi in Zambia e qui divenire figure fondamentali nello sviluppo politico e sociale del paese, tanto da venire insegnato dal re d’Inghilterra Giorgio V del titolo di Comandante onorario dell’Impero Britannico, carica che, come sottolinea il sito della Società di studi valdesi, raramente veniva concesso ad un non britannico. Gli oggetti provenienti dall’Africa costituiscono unodei nuclei di maggior rilevanza del museo valdese di Torre Pellice.