Il 28 agosto del 1963, dinanzi a più di 250 mila persone riunite al Lincoln Memorial a Washington, il pastore battista Martin Luther King jr. pronunciava il suo discorso più famoso: «I have a dream». 54 anni dopo, in quella stessa giornata, oltre tremila persone appartenenti a diverse fedi hanno marciato per 1,7 miglia per dire il loro no all’odio razziale.
Pastori protestanti, rabbini, imam, suore cattoliche, sikh, buddisti hanno sfilato per la capitale criticando il silenzio di alcuni leader religiosi sulla supremazia bianca, e le politiche dell’amministrazione Trump.
Il numero dei partecipanti ha superato di gran lunga le aspettative degli organizzatori che avevano intitolato l’evento: «Mille ministri in marcia per la giustizia».
La marcia – promossa dalla National Action Network (Nan), organizzazione cristiana prevalentemente nera – era stata originariamente programmata per protestare contro l’aumento dei crimini di odio, l’incarcerazione di massa, la discriminazione e la riforma sanitaria, e per richiamare l’amministrazione Trump ad affrontare queste problematiche. Ma i recenti atti di violenza razzista compiutisi a Charlottesville, Va., hanno richiamato un crescente interesse per la manifestazione.
Il pastore afroamericano Al Sharpton, fondatore e presidente della Nan, ha dichiarato «In questa giornata la presenza di persone di diverse religioni dimostra la voglia di stare insieme e di prendere posizione contro il bigottismo e il razzismo. Avevamo convocato un migliaio di leader religiosi, e oggi ci sono oltre 2000 tra pastori, imam, rabbini e ministri di ogni denominazione che sono qui per dire a questa amministrazione che non tollereremo il razzismo, il neo-nazismo, la supremazia bianca a cui è stata data in questi ultimi tempi una uguaglianza morale. Questo è l’inizio di una concreta azione del movimento contro il declino».
Suor Patricia Chappell, direttrice esecutiva di Pax Christi USA, ha criticato la supremazia bianca, e, in quanto suora afroamericana, ha dichiarato che «anche la nostra chiesa istituzionale è razzista» e ha bisogno di rivedere alcune delle sue politiche e pratiche.
Jamal-Harrison Bryant, pastore della Chiesa episcopale metodista africana di Baltimora, ha attaccato quei ministri evangelici che sostengono il presidente Trump «e dichiarano la grande menzogna che Donald Trump sia un uomo di Dio».
Il past. Jim Wallis, fondatore della rivista Sojourners che promuove la giustizia sociale, ha definito la manifestazione «teologica» in quanto c’erano in gioco «l’anima della nazione e l’integrità della fede». Invitando i leader religiosi a prendere posizione contro la supremazia bianca, ha aggiunto: «Dobbiamo predicare da ogni pulpito in America che il razzismo è il peccato originale dell'America».
«Lasciatemi dire a tutti i suprematisti bianchi e ai sostenitori del Ku Klux Klan che l’America è un paese multireligioso», ha detto il leader dei Sikh, Rajwant Singh, accolto da applausi. «L’America appartiene a tutti noi».
Mentre il rabbino Jonah Dov Pesner, direttore del Centro di azione religiosa del giudaismo riformato, ricordando la marcia che gli ebrei fecero 5.000 anni per liberarsi dalla schiavitù d’Egitto, ha affermato «Oggi sappiamo che possiamo rompere le catene della schiavitù del moderno faraone».
La folla interreligiosa ha marciato per le strade mentre dagli altoparlanti si intonavano canti, venivano letti passi delle Scritture, in un condiviso spirito di unità.