Martedì 11 luglio sono state inumate nel cimitero dei Jalla, a Luserna San Giovanni (To), le ceneri di Sergio Calorio, un fratello che, pur non essendo membro di una delle nostre comunità, fu pienamente partecipe del mondo evangelico per sentimenti e relazioni personali.
Vi entrò in modo operativo negli anni ‘80 quando a Torre Pellice stavamo avviando il progetto del Centro culturale valdese con Massimo Rocchi, che aveva lasciato il suo impiego alla Regione Liguria e si era messo a disposizione della Tavola valdese per questo fine. Il Centro culturale non fu, come si dice oggi, «un’intuizione felice», fu un progetto organico che venne realizzato e successivamente diretto, fra molte difficoltà, di natura economica (non si parlava allora di otto per mille), di politica ecclesiastica, fra polemiche e interesse molto scarso della nostra comunità.
Mentre l’architetto De Bettini e l’impresario Armand Pilon avviavano la sistemazione edilizia, il seggio della Società di Studi valdesi avviava con pochi collaboratori e alcune consulenze il Museo, la cui realizzazione fu impegno di Sergio Calorio. Con l’inaugurazione del Centro culturale valdese il Museo venne aperto, ma era lungi all’essere completato e i lavori impegnarono molte energie proseguendo negli anni insieme alla realizzazione della parte etnografica nel seminterrato.
Nello stesso periodo però creammo il Sistema museale valdese, che coordinava in modo organico l’insieme dei musei locali e dei luoghi di memoria valdesi. Con la nascita successiva del Coordinamento, si raggiungeva così una fruizione ottimale del complesso patrimoniale, che veniva perfezionata dalla messa in opera dell’ufficio «il Barba» per quel che riguarda gli accompagnamenti e le visite guidate.
In questo campo ci trovammo però ad affrontare due progetti di notevole impegno: il museo di Prali e la Scuola Latina di Pomaretto, e in entrambi i casi l’apporto di Sergio Calorio fu determinante. Il primo doveva essere reso agibile per essere visitabile e i funzionari regionali suggerivano di valorizzare lo stabile, essendo uno dei più antichi luoghi di culto valdesi. Di qui l’idea di farne un documento della vita quotidiana e del culto evangelico nel tempo. La Scuola Latina, chiusa da anni, era sulla via del degrado: l’idea fu di ristrutturarla e realizzarvi un piccolo Centro di attività culturali, che avrebbe anche permesso di ospitare la raccolta di modellini di tutte le attività agricole, industriali, casalinghe della valle, realizzata da Carlo Ferrero.
Si trattava di progetti di realizzazione tutt’altro che agevole, che richiedevano reperimento di fondi e soprattutto coinvolgimento delle realtà locali oltre a spirito di inventiva, diplomazia e perseveranza.
Nel redigere le brevi note di questo percorso movimentato ma entusiasmante, abbiamo fatto uso del plurale, parlando di «noi»; molto più che un uso pertinente del plurale maiestatis, si tratta di una presa d’atto. L’operazione del riordino e della valorizzazione del nostro patrimonio, che facendolo uscire dal limbo, gli ha dato un impianto organico (non a caso viene oggi presentato come uno degli elementi qualificanti della nostra realtà valdese) non è stato frutto di routine amministrativa, ma operazione entusiasta e coraggiosa di un «noi», di un’équipe, un sodalizio creativo in cui l’architetto Calorio (che era anche cantautore dalla bellissima voce, e proprio al Glorioso Rimpatrio dei valdesi dedicò una serie di canzoni) fu un personaggio essenziale, e per questo continua a far parte di «noi».