Sta peggiorando l’emergenza umanitaria nella Repubblica Centrafricana (CAR), uno dei paesi più poveri del mondo, nonostante disponga di materie prime in abbondanza. Non si tratta solo del legname delle foreste che ricoprono buona parte del territorio, ma anche di diamanti, oro e petrolio.
Negli ultimi mesi la violenza ha segnato una forte escalation nel lungo conflitto cominciato nel paese nel 2012, quando la coalizione ribelle di «Seleka», per lo più costituita da militanti musulmani, lanciò un’offensiva contro l’ex presidente Francois Bozizè per poi prendere il potere nel marzo 2013, provocando la rappresaglia delle milizie cristiane anti-balaka (cioè «anti-machete»).
Nelle ultime due settimane la violenza delle milizie ha ucciso circa 300 persone, un centinaio solo nella città di Alindao, nel sud del paese. Tra queste – lo riferisce World Watch Monitor (Wwm) – c’è anche il pastore battista Ange-Apoléon Ngakolada, 36 anni, che lascia orfani otto figli.
Dai dati raccolti da Wwm – sito impegnato a raccontare le ingiustizie patite dai cristiani nel mondo a causa della loro fede –, Ngakolada sarebbe stato coinvolto in una controversia con i musulmani locali. Il presidente dell’Associazione delle Chiese Evangeliche Battiste in CAR, Singa Gbadia, ha dichiarato che il pastore battista sarebbe stato preso di mira dai musulmani locali che si opponevano alla costruzione dell’edificio della sua chiesa.
«I musulmani hanno utilizzato i disordini avvenuti a Alindao per ucciderlo nella sua casa», ha riferito World Watch Monitor.
Anche il leader dell’Alleanza evangelica della CAR, rev. Nicolas Guérékoyamé-Gbangou – il cui figlio e nipote sono stati recentemente uccisi – è stato preso di mira.
Il rev. Aiah Foday-Khabenje, segretario generale dell’Associazione degli Evangelici in Africa, ha dichiarato di essere «rattristato e scioccato dalle notizie di questo attacco mortale mirato ai leader religiosi, che hanno dimostrato coraggio e hanno portato speranza al loro popolo nella CRA».
Dalla fine di aprile l’Onu ha contato circa 440.000 sfollati in tutto il paese, ma entro la fine di maggio il numero potrebbe raggiungere i 500.000: ciò rappresenterebbe il più alto numero di sfollati, raggiunto dall’inizio del conflitto.