«Un programma della missione dell’Unione delle madri di Londra, associazione cristiana che opera nel mondo per la tutela e la trasformazione delle comunità bisognose (sostenuta dalla Comunione Anglicana, ndr) sta producendo risultati sorprendenti nel piccolo Stato africano del Burundi», così scrive l’agenzia di comunicazione anglicana, l’Anglican communion news service (Acns).
Il Programma di alfabetizzazione e educazione finanziaria (Lfep), sostenuto congiuntamente dalla Comunione anglicana e dalla Comic Relief (l’associazione inglese che opera a favore dei bambini svantaggiati nel mondo), «ha già aiutato più di 14.000 persone – ricorda l’Acns –, donne e uomini che oggi sono in grado di saper leggere e scrivere grazie alle competenze professionali fornite. Soprattutto il programma è stato un moltiplicatore di fiducia tra le donne e le ragazze del luogo, che oggi sono consapevoli di poter contrastare con più efficacia questioni come lo sfruttamento sessuale, la violenza e le difficoltà d’accesso all’istruzione».
Il programma Lfep è attivo da tre anni e ha già coinvolto 360 facilitatori locali. 14.178 sono le donne e gli uomini che hanno ottenuto l’abilitazione per l’alfabetizzazione e il calcolo, un risultato che ha permesso di aprire attività commerciali e ottenere ruoli di leadership presso le comunità di appartenenza.
Nicola Lawrence, responsabile dei programmi presso l’Unione delle madri, ha rilevato: «Da quando il Programma per l’alfabetizzazione e l’educazione ha preso avvio, possiamo dire di aver superato di molto l’obiettivo iniziale. Grazie all’impegno profuso da tutti, molte vite sono state salvate, sia cambiando il loro stile di vita sia migliorandone la condizione sociale, culturale e economica».
Nonostante i continui disordini politici in Burundi, l’organizzazione sta valutando di estendere il Lfep in modo più capillare su tutto il territorio: «Tradizionalmente le donne in Burundi sono emarginate e sottovalutate. L’approccio inclusivo da noi adottato – ha proseguito Lawrence – ha permesso a molte di loro, anche vedove o disabili e spesso escluse da programmi, di sentirsi parte attiva della loro comunità».