Le chiese evangeliche difendono una famiglia afghana
05 novembre 2014
La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha parzialmente accolto un ricorso inoltrato col sostegno del servizio giuridico dell'Aiuto delle Chiese Evangeliche in Svizzera
La grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo (Edu) di Strasburgo ha stabilito, con quattordici voti contro tre, che il rinvio di una famiglia afghana di otto persone dalla Svizzera verso l'Italia, Paese competente per l’esame della domanda d’asilo in virtù del regolamento Dublino, è ammissibile. Prima la Svizzera deve tuttavia ottenere dall’Italia la garanzia che i bambini siano assistiti in modo conforme alla loro età e che sia mantenuta l’unità della famiglia. Ora l’Ufficio federale svizzero della migrazione, Ufm, chiederà all’Italia le necessarie garanzie.
La famiglia afghana era giunta in Svizzera nel novembre del 2011 attraverso l'Italia e l'Austria. L'Ufm non era entrato nel merito della domanda d'asilo ordinando il trasferimento in Italia in virtù del regolamento di Dublino (che prevede il rinvio verso il Paese dove i profughi hanno toccato per la prima volta il suolo europeo). L'Italia aveva esplicitamente riconosciuto la sua competenza per la procedura d'asilo, assicurando di mettere a disposizione un alloggio adatto alle esigenze della famiglia. Dopo la conferma della decisione d'allontanamento da parte del Tribunale amministrativo federale, il 10 maggio 2012 la famiglia afghana ha presentato ricorso dinnanzi alla Corte dei diritti dell’uomo.
Il ricorso della famiglia afghana è stato sostenuto dal servizio giuridico dell'Aiuto delle Chiese Evangeliche in Svizzera, L’Aces. Tre problemi ritenuti gravi hanno motivato il ricorso: il primo, le condizioni d'accoglienza dei rifugiati in Italia sono tali che un rinvio della famiglia avrebbe compromesso la dignità delle persone rinviate; il secondo, il respingimento avrebbe comportato dei rischi per l'incolumità della famiglia e avrebbe potuto danneggiare i figli; il terzo, la famiglia non aveva goduto, in Svizzera, di un trattamento corretto prima della decisione di rinvio.La Corte aveva conferito effetto sospensivo al ricorso, imponendo alle autorità svizzere di non trasferire la famiglia afghana in Italia per la durata del procedimento.
Scostandosi dalle sentenze emesse in precedenti simili casi, la grande Camera ha ora constatato che il trasferimento in Italia violerebbe il divieto di tortura o di trattamenti o pene inumani o degradanti (art. 3 Cedu) se la Svizzera non chiede prima all'Italia garanzie in merito a un'assistenza dei bambini conforme alla loro età e al mantenimento dell'unità della famiglia. Negli altri due punti - diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 ) e del diritto a un ricorso effettivo (art. 13 ) - la Grande Camera ha respinto il ricorso in quanto irricevibile. La sentenza non risponde alla domanda se la famiglia afghana possa o meno rimanere in Svizzera.
In un comunicato emesso subito dopo la pubblicazione della sentenza, l'Aces ha espresso la propria soddisfazione in quanto «la decisione indica una direzione da seguire per quanto concerne il trattamento delle famiglie e di persone indifese nel quadro dei procedimenti sottoposti alle norme di Dublino». Un altro aspetto importante, secondo l'Aces, è costituito dal fatto che l'Edu ha chiaramente riconosciuto «che le condizioni d'accoglienza in Italia sono carenti ed è necessario garantire un'adeguata protezione alle persone indifese». La richiesta di precise garanzie relative all'incolumità delle persone e delle famiglie rinviate verso l'Italia costituisce un ulteriore punto importante della sentenza emessa dalla Corte di Strasburgo.