«La fede, le persone, i diritti»
07 aprile 2017
Acat ha una nuova presidente, Florence Couprie, già insegnante e pastora della chiesa protestante unita di Francia
Fonte: Acatfrance
Due donne all’origine dell’Azione dei cristiani per l’abolizione della tortura (Acat), e una donna nel ruolo di presidente: Florence Couprie, eletta lo scorso 2 aprile nel corso dell’Assemblea generale. Non la prima, bensì la quarta, a raccogliere l’eredità delle altre quindici persone che dal 1974 hanno guidato l’associazione. Questa nacque a Versailles grazie all’impegno di due protestanti, Hélène Engel e Edith du Tertre, attive per sensibilizzare le chiese al tema della tortura, coinvolgendo anche cattolici e ortodossi. L’impulso iniziale era arrivato a Hélène Engel dall’ascolto della testimonianza del pastore valdese Tullio Vinay sulle torture perpetrate sui prigionieri politici in Vietnam.
Florence Couprie, attiva nell’Acat da più di 15 anni, vi ha ricoperto diversi ruoli con la convinzione che «la vita è importante nella misura in cui è una vita di relazioni».
Prima ancora, è stata militante di Amnesty International dal 1968, quando a 17 anni scrive la sua prima lettera a un capo di stato. Un’esperienza fondamentale per il suo futuro, racconta in un’intervista sul sito dell’Acat francese: «Timore e tremore, così potrei definire ciò che provai. Mi chiedevo: chi sono io per rivolgermi a un capo di Stato? Ma mi dicevo anche: chi sarei, se tacessi?».
Una partecipazione che si affianca a quella nella sua chiesa, dalla quale deriva la sua impostazione: «Nell’educazione protestante, i giovani sono educati a diventare responsabili, ad aprirsi al confronto e alla riflessione».
Il suo impegno per la giustizia si esprime poi nel ruolo d’insegnante di matematica, che ricopre fino al 2001, anche come rappresentante del personale e nel sindacato.
Terminata la carriera nella scuola, decide di studiare teologia e diventa pastora della Chiesa protestante unita di Francia (Epudf); in quella veste ritrova il collegamento con le passioni giovanili. «Nelle chiese c’erano dei gruppi Acat, ed è stato dunque naturale unirmi all’associazione. L’Acat trasmetteva l’idea che siamo privilegiati, nel nostro paese, altrove c’è gente che si fa uccidere per esercitare i suoi diritti».
Negli anni successivi, quindi, il ministero pastorale e la militanza nell’Acat si intrecciano nella lotta all’ingiustizia e nella promozione delle relazioni umane: «Essere pastore significa animare delle persone che vivono la loro fede insieme, ma che non hanno vissuto lo stesso percorso». Le sue esperienze maturano nel gruppo Acat di Lons-le-Saunier (dipartimento del Giura), che segue un condannato a morte americano. Poi nei gruppi di Vichy e Montluçon, impegnati nella sensibilizzazione dei politici locali e nelle scuole. Infine, entra nel Comitato direttivo e nell’ufficio esecutivo, come vicepresidente e ora come presidente.
La fede, il rapporto con le persone, i diritti dell’uomo: un trittico che riassume perfettamente il pensiero di Couprie. Una fede («il mio carburante, il mio motore») che non può concretizzarsi senza relazioni umane. «Si può seguire il messaggio di Cristo e Dio solo nelle relazioni con gli altri, senza imporre nulla, ma provando ad ascoltare l’altro». I diritti dell’uomo sono ciò che protegge la dignità e la parte di mistero che Dio ha posto in ciascuno. «Per me, l’uomo è sempre lo stesso, figlio di Dio, fratello di Cristo, qualunque sia stata la sua vita. Senza dare giudizi, voglio affermate che è umano, degno dell’amore di Dio. Chi sarei, per accettare che sia picchiato, torturato, ucciso, privato di ogni dignità?».
Interrogata sulle sfide per il mondo e soprattutto per i difensori dei diritti umani, Couprie insiste sul ruolo di «guardiani» e sulla necessità di «infrangere le paure che generano odio e chiusura delle frontiere». E soprattutto sul desiderio, sempre profondo, di «restare insieme». Senza dubbio queste convinzioni influenzeranno la sua presidenza; lo hanno fatto fin da quel lontano 1968, questo è sempre stato il suo modo di «portare un po’ di armonia nel mondo».