Chi l’avrebbe mai detto? Chi avrebbe mai detto che mi sarebbe capitato di vivere nel luogo in cui è eretta una statua di Jose Rizal, l’eroe nazionale dei filippini? Questo monumento si trova nel Lincoln Park, al nord-est di Chicago a pochi passi dall’Istituto di Affari Culturali (The Institute of Cultural Affairs) dove sono alloggiata, e che l’anno scorso ha ospitato per la prima volta il past. Davide Rostan.
Uno dei residenti in questo grande edificio,mi ha detto dopo una cena comunitaria che avrebbe avuto piacere di accompagnarmi a fare un giro nei dintorni affinché io potessi conoscere l’ambiente. Così una mattinata mi ha portato a vedere prima questo grande personaggio, di cui con orgoglio i filippini che abitano nella città ammirano la statua. Per quello che ha rappresentato e che rappresenta tuttora, incoraggia i filippini a continuare a lottare contro lo sfruttamento e il dominio straniero. Dietro questo monumento di Jose Rizal, ci sono tre bandiere: la bandiera degli Usa, in mezzo quella delle Filippine, e poi quella dell’ Illinois. Molti filippini negli States sono dei collaboratori e collaboratrici domestiche, come anche in Italia.
Per sapere un po’ di più della loro situazione ho avuto una conversazione con Cathy Junia che è stata una giornalista nelle Filippine ma che è ora direttrice dello sviluppo (Director of Development). Il suo lavoro è molto importante per aiutare a divulgare la conoscenza dei diritti e dei doveri dei lavoratori, non solo filippini ma anche messicani e polacchi, perché lei collabora nel settore giustizia nell’ambito del Tavolo interreligioso (Interfaith Worker Justice). Per fortuna il suo ufficio è proprio sopra la chiesa presbiteriana di Edgewater, alla quale sono stata affidata sotto la supervisione della pastora Barbara Cathey.
C. Junia mi ha detto che i filippini che lavorano nelle famiglie hanno un forte sentimento di vergogna e umiliazione perché molti di loro hanno conseguito dei buoni titoli di studio che potrebbero consentire loro di svolgere lavori più prestigiosi. Non riescono ad accettare questo fatto proprio perché si riconoscono capaci di fare qualcos’ altro. Quello che devono imparare, adesso, è di cambiare la loro opinione di se stessi e del loro lavoro perché facendo questo lavoro danno la possibilità agli altri di lavorare fuori della famiglia. Ora si valuta l’economia a partire dal lavoro domestico e poi da tutti i tipi di lavoro che si svolgono e si compiono nella società. Ogni persona per bene che svolge il lavoro domestico rende pace e tranquillità a un nucleo familiare, a una comunità e quindi a tutta la società. Quindi essere un collaboratore domestico è un ruolo prezioso e dignitoso. Il bello di questo mio lavoro, mi dice ancora, è che i filippini ora in diversi Stati hanno formato un’associazione che si chiama Damayan (significa aiutarsi e sostenersi a vicenda).
Ho capito che il Tavolo interreligioso qui ha una missione più ampia nel suo vivere la fede in azione. Le identità religiose e confessionali rimangono, ma hanno il comune scopo di aiutare i popoli svantaggiati nella società americana. I credenti che sanno di poter essere una portavoce per loro si dispongono a cercare di raggiungere una giustizia equa. Ogni giorno bisogna lavorare e continuare a lottare per migliorare le condizioni dell’animo e del corpo.
Tornerò fra qualche giorno in Italia, sarò di nuovo in mezzo al gruppo degli italiani e quello dei filippini. Mi sono chiesta tante volte perché molti filippini non riescono ad andare nelle scuole, anche se queste sono gratuite, per imparare meglio la lingua che li renderebbe più liberi ed evoluti. La ragione è che devono sempre lavorare fino a quando i loro datori di lavoro vogliono. Questo non è sempre vero e non è la sola motivazione perché in fondo i filippini devono cambiare la mentalità, il loro sguardo verso se stessi. Finora osservo in loro anche la difficoltà di accettare il fatto che hanno lasciato le loro case e chi ha trovato un compagno o compagna e ha deciso di fondare una famiglia quindi va aiutato, sostenuto, e indirizzato alla costruzione di una nuova propria casa nel paese nuovo che si è trovato.
Penso che una cura pastorale efficace consista nel saper ascoltarli e farli sentire affiiancati finché trovano la via appropriata per loro da percorrere. Spero che nella nostra chiesa metodista di via XX Settembre a Romapotrà cambiare qualcosa. Che essa diventi un luogo di crescita nella fede e nella personalità. Non credo che ci sia bisogno di mettere un monumento di un eroe degli filippini per ricordare il loro diritto di esistere come un popolo in questa terra di Dio, ma occorre che si ricordino che sono anche loro creature volute e amate da Lui.
L’Effee è per me un tempo dedicato a scoprire la mia multi-identità attraverso gli incontri e le conversazioni, le domande e le risposte alle persone che hanno fatto prima la strada dell’«essere straniero» ma che hanno saputo riconoscerlo e accettare quello che sono diventate. Con gratitudine a Dio benedico e ringrazio l’America Waldensian Society per essere stata in questo periodo uno strumento suo per farmi capire il senso del mio ministero e della mia esistenza.
* Jose Rizal (1861-1896) è un eroe nazionale delle Filippine. Poeta, medico, linguista, scultore, e saggista politico, è autore del famoso Noli Me Tangere (1887) e di El Filibusterismo (1891), due romanzi che rievocanoo l’oppressione coloniale dei filippini. Visitò Chicago l’11 maggio 1888 diretto in Europa. Fu arrestato ed esiliato a Dapitan Zamboanga il 6 luglio 1892 per aver formato la «Liga filippina», che cercava di difendere i diritti dei filippini. Di nuovo fu arrestato nel 1896 mentre era in viaggio per Cuba come volontario medico dei militari. Successivamente accusato di ispirare la rivoluzione filippina, fu ucciso il 30 dicembre 1896.