«Sono l'estremismo e l'integralismo a fare appello alla religione, e non l'inverso»
20 marzo 2017
A colloquio con l’olandese Steven Fuite, presidente della Chiesa protestante unita del Belgio, a pochi giorni dal voto nei Paesi Bassi
Il popolo olandese si è dunque espresso, e lo ha fatto con una grande partecipazione. L’82% dei 13 milioni di aventi diritto si è infatti recato alle urne. Ridimensionato ma non certo sconfitto il tanto temuto Partito per la Libertà di Geert Wilders, che ha impostato tutta la campagna elettorale sul presunto pericolo islamista. Una tendenza populista che trova terreno fertile nel vecchio e nel nuovo continente. Ne abbiamo parlato con il pastore Steven Fuite, presidente della Chiesa protestante unita del Belgio, ma nato e vissuto per 20 anni in Olanda, a Zwolle.
Dopo il voto di mercoledì 15 marzo, che cosa possiamo dire? L’onda populista c’è stata o no? Wilders ha preso molti voti, ma il sistema elettorale lo tiene fuori dal governo. Esiste tuttavia una tendenza xenofoba in crescita nel paese?
«Penso che sia il momento di dire che nella nostra società vi è sempre un pericolo grave, non ne siamo mai immuni e poco importa che si manifesti in Olanda, in Italia o in Belgio: molti Paesi dell'Europa occidentale si trovano di fronte a una popolazione composta di persone molto diverse, per abitudini, comportamenti, ideologia e/o religione, colore della pelle, modi di esprimersi. La pace fra i gruppi diversi, come fra gli individui, e la reciproca comprensione, non sono acquisite una volta per tutte. Ora, non credo che nei Paesi Bassi vi sia una tendenza più xenofoba che in altri Paesi, la tendenza purtroppo si manifesta dappertutto: a partire dal momento che ce ne rendiamo conto, anche in ognuno di noi, comincia a esserci speranza. A noi tocca di cercare di vivere con la maggior apertura possibile».
Che cosa c'è all'origine del fenomeno populista e xenofobo? Paura dello straniero, crisi economica, crisi di valori?
«Forse un po' tutte queste motivazioni. A mio avviso ogni essere umano nel suo intimo è fragile e vulnerabile, e conosce la paura. Ognuno ha bisogno di sentirsi in sicurezza, ma questo nella nostra società così complessa, dove i cambiamenti avvengono assai rapidamente, non è scontato. In questa realtà in continua evoluzione e piena di problemi, la paura può esprimersi “ricostruendo” la realtà propria di ognuno, e uno dei modi per farlo è di rinchiudersi in un ripiegamento “identitario” senza più osar vedere l'altro come un essere umano che in fondo, al di là delle differenze di cui sopra, non è diverso».
La società olandese ha lunga tradizione multietnica e ora ha per la prima volta un musulmano alla guida di una grande città come Rotterdam. È una sfida vinta nel paese o no?
«Sì, è un segnale molto forte che una città grande come Rotterdam abbia un sindaco musulmano, come altre città, fra cui Londra. Ma, concordo, non è una vittoria per sempre, occorre restare sempre vigili».
Può essere la laicità un antidoto alle tendenze estremiste? Quale ruolo giocano le chiese riformate nel processo in corso?
«Le chiese riformate vivono di dibattito, di dialogo. In quanto cristiani radicati nella Riforma del XVI secolo, non possiamo mai pretendere di conoscere o, peggio, possedere la verità assoluta. Anzi, abbiamo bisogno di essere contraddetti. La verità, come Dio stesso, è una ricerca. Partendo da questo principio per me fondamentale, siamo un esempio vivente dell'apertura e dell'importanza di restare sempre in ascolto. Credo che la secolarizzazione non sia un antidoto nei confronti delle tendenze estremiste. In Belgio, la Chiesa protestante unita partecipa a livello sia locale sia nazionale a tutti gli organismi di dialogo con le altre Chiese cristiane, con le nostre sorelle e fratelli ebrei così come con i musulmani e le altre religioni e filosofie. Non vogliamo né possiamo fare diversamente. Siamo fatti così e così bisogna essere. Il fatto che le religioni riescano a intendersi non può che contribuire a mantenere in salute la società: è una menzogna dire che la religione susciti necessariamente la discordia fra le persone. Dobbiamo dimostrare con chiarezza che sono l'estremismo e l'integralismo a fare appello alla religione, e non l'inverso. Dobbiamo avere il coraggio di dirlo: l'integralismo, l'estremismo sono un oltraggio nei confronti della religione. “Religione” significa collegare, costruire legami più estesi».
L’Europa pare timida e incerta di fronte alle dichiarazioni turche rivolte in particolare contro Germania e Olanda: quale la sua opinione a riguardo?
«Non sono d'accordo: è chiaro che con Trump e Erdogan ci troviamo in una nuova fase: utilizzano un linguaggio gridato, parole forti, colpiscono facendo rumore e attirano l'attenzione della stampa formulando accuse non verificate e a volte non verificabili. In effetti è come se giocassero con il popolo, è populismo nel senso più letterale. Sono convinto che a lungo termine sempre più persone si renderanno conto che questa non è una strada percorribile. Invece di cercare di adeguarsi al loro linguaggio, è meglio spiegare i fatti, con calma e senza sosta, in una maniera dignitosa. Come ha fatto il borgomastro di Rotterdam: all'accusa ridicola di Erdogan che gli olandesi siano come dei nazisti, con calma ha smentito questa calunnia vergognosa e perversa, limitandosi a dire in poche parole, che proprio la sua città dell'Olanda, nel 1944, era stata totalmente ridotta in macerie dal bombardamento da parte dei nazisti».