Cec: diritti negati, senza la pace
09 marzo 2017
Olav FykseTveit è intervenuto a un evento collaterale alla 34° sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra
Il segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), Olav Fykse Tveit, è intervenuto in qualità di relatore in occasione di un evento collaterale alla 34° sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (a Ginevra), lo scorso 7 marzo.
Tra i relatori anche il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento delle relazioni esterne della Chiesa ortodossa russa, che ha parlato di «Rispetto reciproco e coesistenza pacifica come condizione essenziale e premessa basilare per il dialogo interreligioso e la pace».
Tveit, ha osservato che il rispetto reciproco tra le identità e il pluralismo religioso sono i due aspetti fondamentali per permettere la pacifica convivenza, tuttavia: «in molte parti del mondo, e purtroppo anche per i cristiani, queste vie non sono sufficienti a chi è quotidianamente vessato da persecuzioni e violenze. Il nostro esempio – ha proseguito Tveit – non fa testo, le nostre realtà e le nostre chiese sono abituate ad essere responsabilmente in dialogo tra loro, ma nel contesto di una condizione di pace perenne».
All’incontro, al quale hanno preso parte gruppi religiosi arrivati da ogni parte del mondo, Tveit ha ancora ricordato che oggi più che mai è necessaria la collaborazione internazionale e quella delle istituzioni e della politica: «l’unico modo per poter raggiungere livelli di sicurezza accettabili, o almeno percepibili, e quello di riuscire a garantire ai gruppi religiosi presenti nei paesi come l’Iraq e la Siria, per fare due esempi, la necessaria stabilità. Non voglio chiamarle minoranze – ha proseguito Tveit –, perché ad essi appartengono i paesi in cui abitano. Quella è la loro Terra, la loro casa».
Il diritto di credere in Dio, come lo si desidera, e di poter praticare la fede come lo si ritiene giusto «è un diritto umano fondamentale, inalienabile. Un diritto che però dev’essere collegato alle altre necessità – dice ancora il segretario generale –, come poter ricevere protezione, sicurezza sociale, anche materiale, attraverso l’accesso alle risorse idriche, al cibo, alle cure mediche, alle analisi sanitarie, insomma, a tutto ciò che è fondamentale e necessario, per la vita umana».
La cittadinanza – la pari cittadinanza – è l’unica soluzione sostenibile per la costruzione della pace, ha proseguito Tveit: «non possiamo catalogare gli uni e gli altri e dare solo ad alcuni i diritti e a gli altri no».
Intanto, prosegue il pellegrinaggio per la giustizia e la pace del Cec: «Non possiamo sperare di poter garantire il rispetto per i diritti umani e la giustizia se le persone sono private della pace; oggi serve con urgenza una pace reale, concreta», ha concluso Tveit.
Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) è l’organismo più ampio ed inclusivo tra le diverse organizzazioni del movimento ecumenico moderno. Fondato ad Amsterdam il 22 agosto del 1948 è formato da 345 chiese membro in 110 paesi del mondo e rappresenta circa 500 milioni di cristiani. Il CEC comprende la maggior parte delle chiese ortodosse, numerose chiese protestanti storiche (anglicane, battiste, luterane, metodiste, riformate) e diverse chiese indipendenti: una «comunione di chiese» riunite per promuovere il dialogo e la riconciliazione fra le diverse tradizioni cristiane.