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Reclamo delle Ong all'Europa contro la legge italiana sui flussi migratori

Le organizzazioni evidenziano come la nuova normativa sollevi gravi preoccupazioni riguardo la sua compatibilità con il diritto dell’Unione Europea e gli obblighi degli Stati membri in tema di salvataggio in mare

L’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), Emergency, Medici Senza Frontiere (Msf), Oxfam Italia e Sos Humanity presentano un reclamo alla Commissione europea per chiedere un esame della nuova legge italiana in materia di gestione dei flussi migratori (15/2023). Le Ong evidenziano come la nuova normativa sollevi gravi preoccupazioni riguardo la sua compatibilità con il diritto dell’Unione Europea (UE) e gli obblighi degli Stati membri ai sensi del diritto internazionale in materia di attività di ricerca e salvataggio in mare. Lo raccontano in un comunicato che riassume le principali osservazioni prodotte.

«La Commissione europea è la custode dei trattati dell’UE e garantisce che gli Stati membri rispettino il diritto internazionale e comunitario» afferma Giulia Capitani, policy advisor su immigrazione e asilo di Oxfam Italia. «Dovrebbe sostenere e proteggere i diritti fondamentali di tutte le persone in Europa. Invece, sono le Ong a riempire il vergognoso vuoto in mare lasciato dagli Stati membri dell’UE. Invece di ostacolare il loro lavoro, le ONG andrebbero coinvolte nella creazione di un sistema adeguato di ricerca e soccorso in mare».

La nuova legge italiana prevede che le imbarcazioni si dirigano senza ritardi verso il porto assegnato dopo la prima operazione di salvataggio, limitando così l’azione delle imbarcazioni nel fornire assistenza ad altre barche in difficoltà. La norma obbliga, inoltre, i capitani a fornire alle autorità italiane informazioni non meglio specificate sul salvataggio effettuato, portando a una richiesta di informazioni eccessive.

La legge è anche aggravata dalla recente prassi delle autorità italiane di assegnare porti lontani per lo sbarco. Questa politica non è prevista da alcuna normativa, ma è diventata una pratica comune dal dicembre 2022, facendo aumentare significativamente i tempi di viaggio e limitando di conseguenza la presenza delle navi umanitarie nella zona di ricerca e soccorso.

Le cinque Ong ritengono che la combinazione di queste misure imponga restrizioni ingiustificate alle operazioni di ricerca e soccorso e limiti drasticamente la loro capacità di salvare vite in mare.

«Ogni giorno trascorso lontano dalla zona di ricerca e soccorso, sia se sotto fermo sia se in navigazione verso un porto lontano, mette a rischio vite umane» commenta Djoen Besselink, responsabile delle operazioni di Msf. «La legge colpisce le Ong, ma il prezzo più alto sarà pagato dalle persone in fuga attraverso il Mediterraneo che si ritroveranno su un’imbarcazione in difficoltà».

L’aumento dei tempi di percorrenza verso porti più lontani comporta anche rischi per la salute fisica e mentale delle persone soccorse a bordo. “Assegnare luoghi sicuri a più di 1.000 km di distanza dal luogo del soccorso danneggia il benessere fisico e psicologico dei sopravvissuti” afferma Josh1, capitano della nave di soccorso Humanity 1 di SOS Humanity. “Le 199 persone che abbiamo salvato recentemente, tra cui donne incinte e neonati, sono state costrette a percorrere circa 1.300 km prima di sbarcare in Italia, anche se altri porti italiani erano molto più vicini”.

«Le persone soccorse provengono da paesi colpiti da guerre, cambiamenti climatici e violazioni dei diritti umani” spiega Carlo Maisano, coordinatore Life Support di Emergency. «Spesso sono in condizioni di estrema fragilità, aggravate da altro tempo trascorso in mare».

Il 23 febbraio 2023, la legge 15/2023 (al tempo ancora decreto-legge) è stata applicata per la prima volta quando l’Autorità portuale di Ancona ha notificato a Msf un ordine di fermo di 20 giorni per la sua nave (Geo Barents) e una multa di 5.000 euro per non aver fornito informazioni che non erano mai state chieste prima.

Da allora, le autorità italiane hanno fermato altre quattro navi umanitarie di ricerca e soccorso – Aurora2, Louise Michel, Sea-Eye 43 e Mare*Go4 – per un periodo di 20 giorni ciascuna per violazione della nuova normativa. Questo significa un totale di 100 giorni persi per le navi umanitarie di ricerca e soccorso, mentre non si sono interrotti i pericolosi viaggi in mare e i naufragi nel Mediterraneo.

«Le persone salvate in mare sono giuridicamente naufraghe, prima che migranti, ed il loro ingresso sul territorio nazionale attraverso il salvataggio in mare non può essere considerato in contrasto con la normativa sull’immigrazione. L’obbligo di soccorso è, infatti, inderogabile e non limitato e, vale ribadire, prescinde dalla qualifica soggettiva della persona soccorsa» conclude l’avvocato Lorenzo Trucco, presidente Asgi.

Asgi, Emergency, Msf, Oxfam Italia e Sos Humanity chiedono alla Commissione europea di porre immediatamente sotto esame la legge 15/2023 e l’assegnazione di porti lontani. In qualità di custode dei trattati dell’UE, è responsabilità della Commissione europea garantire che gli Stati membri dell’UE rispettino le leggi in materia e smettano di ostacolare il lavoro salvavita delle Ong di ricerca e soccorso in mare che semmai dovrebbero essere integrate in un sistema di ricerca e soccorso nel Mar Mediterraneo proattivo e guidato dagli Stati.

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