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L’ultima parola spetta a Dio

Un giorno una parola – commento a Daniele 2, 44

Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno, che non sarà mai distrutto
Daniele 2, 44

Gesù disse: «Io dispongo che vi sia dato un regno, come il Padre mio ha disposto che fosse dato a me, affinché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno»
Luca 22, 29-30


Il continuo avvicendarsi di invasioni e dominazioni dovette sembrare a Israele-Giuda il prodromo della fine del mondo. La redazione del libro di Daniele, ambientato a Babilonia durante la cattività, si suppone sia da collocare in un periodo particolarmente critico di questi rivolgimenti, cioè, gli ultimi tempi della rivolta dei Maccabei, dovuta alla distruzione di Gerusalemme e alla proibizione della religione ebraica da parte di Antioco IV Epifane, figura di monarca imprevedibile e crudele. È uno dei Ketuvim, gli Scritti, secondo la classificazione ebraica, un racconto orientale dalle lunghe radici, che si diramano verso tempi antichissimi, che testimonia la capacità di accettare la sfida di tempi oltremodo duri, e di affrontarla, forti della fiducia nella sussistenza di un’entità che supera la fragilità umana, i suoi errori, le sue sconfitte, e che proprio per questo può costruire una base solida.

La nostra epoca si trova di fronte a sfide ecologiche sempre meno rimandabili, di fronte alle quali però l’atteggiamento più comune non è né il tentativo di soluzione né l’approccio critico, ma la negazione e il rifiuto di prendere coscienza. La nostra è la civiltà dai piedi d’argilla, che non vuole in nessun modo fare i conti con se stessa. Israele poneva la propria fiducia nel sasso della volontà di Dio, capace di sbriciolare la potenza degli antichi regni. Noi ci rifiutiamo di vedere il sasso delle leggi di natura che ci rotola incontro per ricordarci che l’ultima parola è quella del volere di Dio.

Preghiamo che sappia aprirci gli occhi.

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