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La lingua del cuore

Un giorno una parola - commento a Atti 2, 11

Lodate il Signore, voi nazioni tutte! Celebratelo, voi tutti i popoli!
Salmo 117, 1

Gli uomini dissero nel giorno di Pentecoste: «Li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue»
Atti 2, 11


Trovarsi in un luogo lontano da casa, dove molte cose sono diverse, non è una facile impresa. Soprattutto se tra le cose diverse c’è la lingua, lo strumento principale con cui interagire tra esseri umani. A Gerusalemme nel giorno di Pentecoste nell’anno della morte di Gesù sembra esserci “tutto il mondo” se seguiamo la lunga lista di nazionalità di cui ci parla l’autore degli Atti.

Un mondo di nazioni che parla lingue diverse, ma che nell’ascoltare la voce dei discepoli visitati dallo Spirito Santo, comprendono esattamente una lingua diversa dalla loro. Come è possibile questo? La domanda è accompagnata dallo stupore di alcuni presenti che vedono nella glossolalia dei discepoli non si sa quale diavoleria: “cosa significa questo?”.

E altri che liquidano lo strano fenomeno affermando che già a quell’ora di mattina erano “pieni di vino dolce”. Ma non è la voce dei discepoli che giunge comprensibile alle orecchie del mondo lì presente a Gerusalemme. È la Parola di Dio che viene proclamata, che va oltre la lingua umana ed entra negli esseri umani senza bisogno di fonetica o grammatica, perché giunge al cuore che la riceve come fosse la lingua madre. Forse il termine da usare, pur in un greco grammaticalmente scorretto, sarebbe glossocardia, come lingua del cuore, la lingua del Dio che stupisce e che abita in noi.

Anche noi molto spesso siamo stranieri tra le pagine del vangelo incapaci di comprendere o peggio ancora rifiutanti di ricevere il messaggio. Possa il Signore rinnovare il suo miracolo nella nostra vita perché la sua parola venga da noi compresa e accolta senza riserve. Amen!

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