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Un Anticoncilio del passato che ha molto da dirci oggi

L'assise si svolse a Napoli e vide una straordinaria partecipazione delle donne

È noto che il dogma proclamato dal Vaticano I il 18 luglio 1870 con una maggioranza schiacciante (533 voti a favore, 2 soli contrari, perché gli oppositori si erano già allontanati da Roma) fu molto avversato nella stessa assemblea conciliare. Benché largamente minoritaria, l’opposizione fu non solo agguerrita e tenace fino alla fine, ma anche altamente qualificata sul piano della argomentazione teologica e della difesa dell’antica tradizione della Chiesa che il nuovo dogma violava.

È invece poco noto che l’opposizione al Vaticano I che, in Italia, non c’è stata sul piano religioso, c’è stata invece su un altro piano – quello civile, politico e culturale. È l’Italia emancipata e liberale, cioè l’Italia del libero pensiero e della lenta avanzata di una coscienza democratica, l’Italia, insomma, della civiltà moderna che prese pubblicamente, anche se solo fuggevolmente, posizione contro la Chiesa del Sillabo e dell’assolutismo religioso trionfante con il dogma del primato e dell’infallibilità pontificia, che il Concilio si preparava a decretare. Contro quel Concilio (che si sapeva come si sarebbe svolto e chi avrebbe vinto) fu ideato, progettato e convocato a Napoli un Anticoncilio!

Fu un ardimentoso conte napoletano, Giuseppe Ricciardi (1808-1882), deputato del Parlamento italiano, di salda fede democratica, esponente della Sinistra storica, che lanciò l’idea di un Anticoncilio, e la realizzò a Napoli, in concomitanza con il Concilio riunito a Roma dal papa. L’Anticoncilio, per vari motivi, durò pochissimo, solo due giorni. Ma sorprendono l’interesse, talvolta l’entusiasmo, che l’idea di un Anticoncilio suscitò in una parte certo minoritaria, ma pur sempre ragguardevole, dell’opinione pubblica italiana.

E qui spunta una grande sorpresa: la partecipazione delle donne all’Anticoncilio! Su questo particolare aspetto ci informa un agile volumetto, curato da Adriana Valerio, con i contributi di altre tre donne: Angela Russo, Nadia Verdile e Cristina Simonelli*. Nella sua Introduzione, Adriana Valerio ricorda due fatti di grande rilievo. Il primo è che numerose donne furono presenti nelle due sedute dell’Anticoncilio e ben 185 aderirono a quella iniziativa, essendo consapevoli «della correlazione tra l’emancipazione femminile e la liberazione dal “giogo del clero”» (p. 26). Il secondo fatto di rilievo è la posizione religiosa di un certo numero di queste donne: alcune coltivarono una religiosità svincolata dal dogma cattolico; altre restarono, malgrado tutto, fedeli alla Chiesa; altre ancora fuoriuscirono dal cattolicesimo, approdando, in qualche raro caso, alla fede evangelica; altre, infine, si consacrarono alla promozione del «libero pensiero», come Maria Alimonda Serafini, autrice di un Catechismo popolare per la libera pensatrice, pubblicato nel 1869.

È veramente straordinaria e degna di essere ricordata la piccola, grande epopea di queste 185 donne italiane (alcune loro lettere sono riprodotte nel libro: pp. 50-59) che hanno salutato la nascita dell’Italia unita sottoscrivendo una petizione nella quale si rivendicava «la ragione libera da ogni autorità religiosa, l’indipendenza dell’uomo [leggi: della persona umana] dal dispotismo della Chiesa e dello Stato, la solidarietà dei popoli contro l’alleanza dei principi e dei preti […], l’emancipazione delle donne da vincoli religiosi e legislativi …». Colpisce la dirompente sete di libertà che animava queste donne – libertà intesa anzitutto come liberazione da una religione diventata dominio su coscienze ormai snaturate dall’abitudine atavica alla sottomissione e muta ubbidienza.

L’Anticoncilio stesso redasse un documento finale intitolato Dichiarazione di principi, nella quale si rivendicano l’abolizione dello Stato confessionale, la laicità della scuola e la liberazione della donna «dagli ostacoli che la Chiesa e la legislazione statale oppongono al suo intero sviluppo».

Nel volumetto ci sono anche alcuni brevi biografie di queste donne. Sono storie commoventi e al tempo stesso edificanti, che vale la pena conoscere. Sono altrettante, ammirevoli lezioni di libertà, di cui oggi abbiamo tutti più che mai bisogno. Un capitolo del libro (pp. 61-82) è dedicato alla nobile Enrichetta Caracciolo (1821-1901). Già monaca benedettina per volere della famiglia, lottò a lungo – invano – per essere liberata dai voti; alla fine abbandonò la vita monastica e, dopo varie vicissitudini, trovò pace spirituale aderendo, a Napoli, alla Chiesa metodista. Pubblicò un libro intitolato I misteri del chiostro napoletano in cui raccontò la sua infelice esperienza monastica: fu un grande successo editoriale (otto ristampe in dieci anni e numerose traduzioni in lingue straniere).

Indichiamo altri tre motivi di interesse del libro. Il primo è constatare quanto le donne garibaldine di cui qui si parla abbiano anticipato temi, rivendicazioni e prese di posizione che sono diventati dominanti nella rivoluzione femminista in corso nel nostro tempo. Il secondo è apprendere – non senza un certo stupore – la convinta affiliazione massonica di non poche di queste donne. Giulia Caracciolo, sorella di Enrichetta, fu anche «Gran Maestro» a Napoli di logge massoniche femminili, la cui esistenza è stata consentita in Italia dal 1864 al 1879 (con il favore di Garibaldi).

Un terzo motivo di interesse è quello trattato da Cristina Simonelli nel suo saggio (pp. 83-105): la qualità dell’argomentazione teologica contro il dogma del Vaticano I e a favore di uno degli esiti possibili, per non dire obbligati, dell’emancipazione femminile, cioè l’accesso delle donne al ministero sacerdotale. Molto opportunamente Cristina Simonelli pubblica, in appendice al suo saggio, il testo, pochissimo conosciuto, della Dichiarazione di Utrecht del 24 settembre 1889, nella quale alcuni degli oppositori al dogma di Vaticano I espongono la ragione fondamentale che li ha indotti a respingere il dogma dell’infallibilità papale e quello dell’Immacolata Concezione di Maria del 1854: la continuità con la fede della Chiesa antica e della Chiesa indivisa.

Da quanto precede risultano chiari i grandi meriti di questo piccolo libro. È facile prevedere che nessuno, tra coloro che lo leggeranno, si pentirà di averlo fatto.

1. Adriana Valerio (a cura di), L’Anticoncilio del 1869. Donne contro il Vaticano I. Roma, Carocci, 2021, pp. 123, euro 15,00.

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