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Lotto (marzo) da uomo

Che cosa possono fare la parte maschile della società e le comunità cristiane per superare i propri privilegi nei confronti delle donne? Innanzitutto cominciare a mettersi in discussione

Che cosa deve fare l’8 marzo un uomo? Non fare gli auguri alle donne, né offrir loro un ramo di mimosa, perché l’8 marzo non è la festa della donna, è la giornata delle donne, una giornata di lotta.

E quale ruolo svolgiamo noi uomini nella lotta delle donne? Il ruolo del nemico? Dello spettatore? Del compagno di lotta? Dipende da noi. Dipende da come ci collochiamo rispetto al patriarcato. Se riteniamo giusto, normale che il potere, lo spazio pubblico e l’economia siano gestiti dagli uomini, mentre le donne devono occuparsi della casa, di crescere i figli e di sostenere i loro uomini, siamo nella parte di chi sostiene il sistema patriarcale che opprime le donne e quindi ci collochiamo nella parte del nemico. Se ci sembra che le donne abbiamo ormai raggiunto la parità e non capiamo che cosa vogliano ancora, possiamo fare gli spettatori. Se invece, come io mi auguro, riteniamo che le donne, pur avendo ottenuto molte conquiste, siano ancora vittime di ingiustizie, di discriminazioni e di violenza da parte non solo di alcuni uomini ma della società patriarcale, allora possiamo proporci alle donne come compagni di lotta.

Qualunque appoggio alla lotta delle donne richiede però un po’ di lavoro su di noi. Occorre prendere coscienza dei privilegi che la società patriarcale ci riserva in quanto uomini, essere disposti a mettere in discussione abitudini antiche, cercare modi diversi di essere uomini, instaurare relazioni pienamente rispettose della dignità, dell’autonomia, del potere delle donne.

Conosco due modi, complementari tra loro, per svolgere questo lavoro: la condivisione di esperienze in gruppi di ricerca composti da uomini e l’ascolto delle donne, dei loro vissuti, delle loro esigenze e rivendicazioni, lasciandosene mettere in discussione. Non si tratta di apportare qualche correttivo al nostro comportamento, bensì di interrogarci a fondo sul nostro essere uomini, su come stiamo nel nostro genere, di quali cambiamenti profondi sentiamo il bisogno, incamminandoci poi nel difficile cammino di sperimentare modi nuovi di essere uomini e di relazionarci con le donne.

Quando ci sentiremo uomini in trasformazione, saremo consapevoli almeno parzialmente dei danni prodotti dal patriarcato, saremo desiderosi di costruire un mondo diverso, nel quale tutti i generi siano rispettati e valorizzati, allora potremo presentarci alle donne e proporre loro di lottare insieme contro il patriarcato. E se ci sembra troppo impegnativo per farcela in pochi giorni non è grave. Vorrà dire che per quest’anno faremo gli spettatori e la sera chiederemo com’è andata alla nostra compagna, a nostra figlia, a un’amica. Il giorno successivo cominceremo a lavorare su noi stessi in modo da essere in condizione di partecipare attivamente all’8 marzo del prossimo anno. Il patriarcato non sarà stato sconfitto nel frattempo.

E che cosa deve fare l’8 marzo un uomo credente? Le stesse cose dell’uomo non credente, ma con una responsabilità e una possibilità in più. L’8 marzo non è e non deve diventare una festa religiosa, ma può essere l’occasione in cui gli uomini credenti si chiedono, insieme alle donne credenti, in quali modi la propria chiesa è partecipe del patriarcato, e che cosa può fare per svincolarsene ed essere di stimolo positivo alla società. Nelle nostre chiese le donne hanno molto più spazio, influenza, e anche potere che in passato (o che in altre chiese), ma si può certamente migliorare ancora. La lettura femminista della Bibbia ha aperto nuovi orizzonti, ma la si può praticare più diffusamente e in maggior profondità. La lettura di genere al maschile, invece, è appena cominciata e merita di essere diffusa. Sono ancora pochi gli spazi comunitari nei quali le donne e gli uomini (separatamente o insieme) possono condividere le proprie esperienze e cercare di diventare rispettivamente donne più autorevoli e uomini alla ricerca di modi più giusti di vivere il proprio genere. Insieme abbiamo da trovare le forme più efficaci per annunciare l’Evangelo della liberazione e della giustizia declinato anche in termini di genere.

E magari l’anno prossimo potremo partecipare alle iniziative dell’8 marzo presentandoci come comunità evangelica.

Qui di seguito il commento video che i pastori battisti Anna Maffei e Massimo Aprile offrono al pubblico, proprio in relazione all'articolo del pastore Bouchard sull'otto marzo:

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