I superbi e gli umili
06 gennaio 2023
Un giorno una parola – commento a I Pietro 5, 5
In quel tempo Ezechia fu colpito da una malattia che doveva condurlo alla morte; egli pregò il Signore, e il Signore gli parlò e gli concesse un segno. Ma Ezechia non fu riconoscente del beneficio ricevuto; poiché il suo cuore s’inorgoglì
II Cronache 32, 24-25
Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili
I Pietro 5, 5
Questa breve frase, che riprende in parte un versetto dei Proverbi, è preceduta da una esortazione rivolta ai giovani, affinché siano sottomessi agli anziani. Ma subito dopo Pietro chiede a tutti di “rivestirsi di umiltà”.
Il nostro versetto contrappone due tipi di persone: i superbi e gli umili.
Perché Dio si oppone, si schiera, contro i superbi, mentre accoglie con benevolenza gli umili.
La persona superba è piena di sé, consapevole del proprio valore; delle proprie qualità. Si sente come se avesse dei diritti nei confronti di Dio, come se avesse diritto a un posto in prima fila. Ma Dio non ha tempo da perdere con una persona che ha una grande opinione di sé, e che vuole entrare nel Regno per una porta speciale, che non è la Porta delle pecore, cioè Gesù Cristo.
Gli umili sono coloro che trovano grazia presso Dio. Essere umili significa essere sempre consapevoli di non essere all’altezza di quello che Dio si aspetta da noi; significa avere un atteggiamento di sottomissione e di adorazione nei confronti di Colui che ci dona la salvezza anche se non ne siamo degni.
Un bell’esempio di questi due atteggiamenti contrapposti ci viene dalla parabola del fariseo e del pubblicano, nel vangelo di Luca al capitolo 18. Da una parte c’è il fariseo, così convinto di essere un uomo giusto perché fa tutte le cose per bene; dall’altra l’esattore delle tasse, che, consapevole di essere un peccatore, si batte il petto chiedendo pietà a Dio. Gesù termina la parabola dicendo che il pubblicano ritorna a casa giustificato, mentre l’altro non riceve il perdono.
Anche da noi il Signore si aspetta un atteggiamento di umiltà. Perché conosciamo Dio e la sua potenza, e conosciamo la nostra limitatezza.
E se siamo bravi o brave a fare qualcosa, questo è semplicemente un dono che abbiamo ricevuto dal Signore, e di cui possiamo solo essere grati, mettendolo al servizio del prossimo. Con umiltà; perché siamo e restiamo sempre dei “servitori inutili”.