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Gesù, dono di Dio per l’umanità

Un giorno una parola – commento a Luca 2, 16-17

Se ne andarono alle loro tende allegri e con il cuore contento per tutto il bene che il Signore aveva fatto a Davide, suo servo, e a Israele, suo popolo
I Re 8, 66

Andarono in fretta, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia; e, vedutolo, divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino
Luca 2, 16-17

Il primo Natale dal punto di vista cronologico è segnato dall’adorazione dei pastori, gli umili accorrono a riconoscere e adorare il bambino nato come il segno della promessa compiuta da parte di Dio. Gli angeli hanno allietato con i loro canti la fredda notte di Betlemme. Gli eventi di quel giorno sono tutti sotto lo sguardo della giovane madre del Signore che “guarda e serba ogni cosa”. Il verbo syntereo usato da Luca significa guardare attentamente, con cura perché non sfugga nulla. Lo sguardo attento di Maria è lo sguardo credente a cui nulla sfugge, che vuole serbare ogni ricordo perché diventi memoria vivente. Il luogo dove serba la memoria vivente degli eventi è il “cuore” per non dimenticare i segni della grazia, che si accumulano in questo periodo. Il bambino appena nato, accumula in sé tutti i segni della grazia all’opera. Nessuno di questi segni dovrà essere dimenticato poiché i pastori, “vedutolo”, devono divulgare “quello che era stato loro detto di quel bambino” che è egli stesso semeion.

Soffermiamoci su questa parola: segno. La caratteristica di questo segno è che i pastori non lo hanno chiesto, ma è offerto loro dagli angeli. Il segno ha due funzioni: salvaguardare la trascendenza divina quando Dio opera nella storia umana, e in secondo luogo per affermare in modo certo che Dio è all’opera in quel momento della storia. Il segno è identico alla realtà dell’opera divina, identifica nel bambino l’opera stessa divina, Dio è all’opera in lui e attraverso di lui, soltanto attraverso di lui sarà compiuta l’opera divina di salvezza. Questo bambino è avvolto in fasce, condivide dunque la nostra umanità, non è un essere disincarnato, ha bisogno di noi e percorrerà con noi ogni evento dell’esistenza umana comune; inoltre, è giacente in una mangiatoia perché i genitori sono poveri e non si possono permettere una culla: in una mangiatoia di pietra fredda tra le bestie, in una grotta di Betlemme, povero fra i poveri l’Eterno Figlio di Dio giace in attesa dell’umanità, attende gli umili pastori, le lavandaie e le donne di Gerusalemme. Attende noi, ciascuno/a di noi. Gesù è l’unico segno divino per questa umanità, un bambino avvolto in fasce giacente in una mangiatoia. Una culla di pietra in una grotta, qui è nato, poi morirà in croce e sarà deposto il suo corpo in un’altra grotta a Gerusalemme in un giaciglio di pietra calcare, il segno divino, la nascita e la morte, e sarà ancora avvolto nelle fasce e rinchiuso per tre giorni in quella tomba. Il ciclo di Avvento e Natale è l’inizio del compimento della salvezza perché Dio percorra i tempi e gli eventi umani e conduca tutti noi, dopo il morire, verso la luce imperitura della risurrezione.

Immagine: Taddeo Gaddi, Nascita di Gesù, 1328-30 ca.

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