Parole & Gesti per dire Dio
21 novembre 2022
La nuova rivista liturgica della Commissione culto e liturgia delle chiese battiste, metodiste e valdesi
È uscito il "numero 0" di Parole & Gesti per dire Dio, rivista liturgica promossa dalla Commissione culto e liturgia delle chiese battiste, metodiste e valdesi. Ne abbiamo parlato con il pastore Gregorio Plescan, coordinatore della Commissione.
Ci spiega la genesi e le finalità di questo progetto?
La nostra Commissione, nominata dagli esecutivi delle chiese battiste, metodiste e valdesi, ragiona da anni sul rinnovamento liturgico e offre materiale alle chiese: ricordiamo i due volumi di Liturgia evangelica editi la scorsa estate e, negli anni passati, gli innari Celebriamo il Risorto ed E tutto il popolo dica Amen! Inoltre, aggiungerei il libretto Benedire ed essere benedetti (Claudiana, collana Spiritualità, 2020) che ospita contributi originali non solo dall’Italia ma anche dal mondo africano anglofono e francofono. Lo scopo di questa iniziativa è quello di mantenere vivo il dibattito non solo a livello teorico, ma condividendo gli stimoli che nascono dall'esperienza sviluppata soprattutto nel periodo del lockdown, che ha visto un proliferare di creatività in tutte le nostre chiese.ù
Un investimento che rimette al centro l'importanza della liturgia per la vita delle chiese. Quali sono oggi le maggiori sfide liturgiche?
A mio parere la sfida principale e urgente è quella legata al linguaggio inclusivo. Deve essere chiaro che questa non è una "moda passeggera", ma una necessità, perché rende giustizia alle sfumature delle diverse voci che esprimono la fede. Sappiamo che i mass media e addirittura la politica iniziano a domandarsi se il solo maschile sia davvero rappresentativo dell'umanità, e la chiesa dovrebbe essere in prima fila, capace di aguzzare le orecchie con particolare attenzione. Non è facile, perché il linguaggio non inclusivo è radicato nella struttura stessa della lingua italiana... ma le difficoltà possono spronare la creatività.
Un’altra sfida è legata al nostro essere chiesa interculturale. Sono convinto che il programma “Essere chiesa insieme” non sia solo un processo di crescita umana, sociale ed ecclesiologica ma debba diventare anche una palestra di spiritualità ecumenica. Come evangelico italiano so che tra le chiese battiste, metodiste e valdesi ve ne sono che hanno una storia che proviene dall’Europa dell’Est, dall’Asia e dalle quali potrebbe arrivare un contributo importante.
Noi protestanti abbiamo sempre un po' contrapposto la fede al rito, inteso come ritmo regolare e disciplina dei gesti. Siamo sicuri che la fede sia l'opposto del rituale e che ad arricchirla sia sempre il nuovo?
È vero, per noi "fede" e "rito" tendono a contrapporsi, per lo meno nell'immaginario di molti. Però ci si può domandare prima di tutto se questo sia reale, in secondo luogo se sia utile. Alle pag. 6 e 7 della rivista abbiamo inserito un contributo tratto dal pensiero del compianto Giorgio Girardet, professore di teologia pratica alla Facoltà valdese di Teologia di Roma: ricordo che, proprio in Facoltà, ci diceva – tra il serio e il faceto – che ai nostri tempi il rito di passaggio dell'esame per la patente dell'auto aveva sostituito quello della confermazione. In effetti se alziamo un po' lo sguardo da un orizzonte esclusivamente ecclesiastico ci rendiamo conto che è vero: nella vita ci sono riti, che ci piacciano o meno, e vanno riconosciuti. Altrimenti si parla solo di una serie di principi disincarnati. Questo non significa che il culto debba essere una stanca ripetizione di qualcosa di preconfezionato, ma un modo per presentare una cornice in cui c'è spazio per diverse sfumature – in questo caso di spiritualità. In questo numero della rivista, ad esempio, abbiamo inserito un paio di pagine sulla corona dell'Avvento. Credo sia stata una scelta coraggiosa: qualcuno forse storcerà il naso perché non è propriamente nella nostra sensibilità riformata. Però mi domando: in un mondo che è sempre più affollato di voci diverse, spesso con intenti manipolatori, perché non andare a fondo della questione e offrire delle occasioni di riflessione approfondita a chi collega gli oggetti dell'Avvento più a Babbo Natale che a Gesù, il Cristo, nato, morto e risuscitato?