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Prostituzione, stupro a pagamento

Un incontro promosso dall'Osservatorio Interreligioso sulle Violenze contro le Donne e Federazione Donne Evangeliche in Italia

«Noi come esseri umani siamo fatti in modo tale che non possiamo far male agli altri senza che questo torni indietro a ferire noi stessi Questo è il messaggio che voglio lasciare agli uomini che comprano le donne e le bambine nella prostituzione: tu stai facendo male a tutti incluso te stesso».

Una chiusa potente quella dell’altrettanto potente docufilm “No room inside of me for me”, video-intervista di Caterina Gatti a Rachel Moran, donna sopravvissuta alla prostituzione e autrice del magistrale libro “Stupro a pagamento. La verità sulla prostituzione”. La proiezione, seguita dalla discussione con la regista, è avvenuta nell’incontro online organizzato il 25 ottobre dall’Osservatorio Interreligioso sulle Violenze contro le Donne (Oivd) in collaborazione con la Federazione Donne Evangeliche in Italia (Fdei). Incontro che prosegue l’impegno di affrontare la questione prostituzione come espressione della violenza contro le donne al termine di un ciclo di quattro incontri su “Religioni e prostituzione”. Dopo aver ascoltato donne di diverse religioni e attiviste impegnate in associazioni si è ascoltata una sopravvissuta impegnata nella campagna abolizionista che con il suo libro ha indicato una via.

L’intervista è nel segno dell’empatia, una comunicazione schietta e delicata tra donne che inizia quando la regista rievoca un’esperienza personale da modella: l’oggettificazione del corpo femminile si afferma molto prima di arrivare all’estremo livello della prostituzione. E termina nello stesso segno quando Moran, dopo aver nominato l’orrore del suo vissuto dai 15 ai 22 anni, pensa a un futuro diverso anche per i suoi carnefici. La sua è una elaborazione etica e politica dell’esperienza vissuta, hanno riscontrato donne e uomini che al termine della visione hanno dialogato con Caterina Gatti proponendole domande e riflessioni. Etica nello stigmatizzare lo sfruttamento degli uni sulle altre, politica nell’immaginare una società che non sia basata sul dominio degli uomini sui corpi delle donne e sul potere del denaro. Il cuore dell’analisi di Moran è immortalato nel titolo del documentario che dice il massimo danno della prostituzione: la dissociazione.

«Lui sa quanto stai male, ma non si vuole fermare perché tu non sei un essere umano per lui. Così devi elaborare tutto questo, sai che la tua umanità è sminuita per tutto quel tempo, fingi di non saperlo perché saperlo sarebbe un’agonia. Ma tu sai nella tua mente ciò che sta realmente accadendo. Quello è ciò che crea la separazione. Devi divorziare da te stessa, dai tuoi stessi pensieri, sensazioni, opinioni, volontà e desideri. Non c'è spazio per te stessa in te stessa».

Il dialogo tra Caterina e Rachel illumina tanti scenari: l’abuso sessuale travestito da lavoro, lo sfruttamento delle ragazze migranti, la legittimazione di una maschilità predatoria, la miseria e l’abuso sessuale come antefatti alla prostituzione, l’importanza dell’educazione e di una nuova narrazione. Il giudizio che emerge dal film non può che respingere ogni tentativo di dare rispettabilità e legalità a un’istituzione sociale basata sullo stupro a pagamento.

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