La Chiesa del IV secolo tra i due “Credo”
27 settembre 2022
Marcello di Ancira: un capitolo rimosso nella storia della teologia
Sconosciuto alla maggior parte degli antichisti, il vescovo di Ancira (l’odierna Ankara), Marcello (314-374), viene portato alla luce dalle sue opere edite da Città Nuova in una edizione scientifica, testo greco a fronte*. Nonostante la quasi anonimità di Marcello di Ancira, «il suo pensiero teologico» – sottolinea Emanuela Prinzivalli, storica del cristianesimo e delle Chiese presso La Sapienza, curatrice dell’edizione italiana, «fu ai suoi tempi così rilevante e controverso da lasciare addirittura un segno, per contrasto, nel Credo promulgato dal concilio di Costantinopoli del 381 […] che integrava, confermandolo, il precedente Credo del concilio di Nicea (325)».
Sono gli anni, quelli di inizio II secolo, in cui va formandosi la fede trinitaria: il problema di fondo sta nel rapporto Padre-Figlio. L’eresia dei cosiddetti monarchiani è fondata sul monoteismo, sulla monarchia divina. Si trattava, quindi, di conciliarla con la fede nella divinità del Cristo. Tra le molteplici e complesse risposte teologiche spunta quella che vede in Gesù quale figlio di Dio il giovanneo Logos (parola, ragione [Giov. 1, 1-3]): Dio Padre in funzione della sua economia della salvezza aveva generato il suo Logos; ed è la “teologia del Logos” al centro delle dispute dottrinali, che vanno a generare una pluralità di eresie, così provocando a una rigorosa ortodossia. Nel IV secolo, il prete africano Ario (256-336) dà vita all’eresia omonima: Gesù Cristo è una creatura di ordine superiore; anche se considerato Dio, Egli non lo è veramente in quanto da Lui generato. Quindi, non è della medesima sostanza del Padre: la teologia del Logos” ne viene incrinata. L’arianesimo si diffonde mettendo salde radici dottrinali tanto da spingere Costantino a convocare il concilio di Nicea.
Qui, entra in gioco Marcello di Ancira, presente ai lavori conciliari. La sua opposizione alla successiva riabilitazione di Ario è così radicale che egli verrà condannato all’esilio per eresia dallo stesso Costantino, che vi vedeva un ostacolo alla comunione. Le accuse di fondo, sottolinea Samuel Fernandez nella sua esaustiva introduzione, sono indotte dal fatto che in primo luogo egli «non accettava nessun tipo di generazione del Logos prima dell’incarnazione e dunque non sarebbe stato d’accordo con l’affermazione “generato, non creato”, caratteristica del Credo niceno»: «La creazione – sostiene Marcello – si riferisce all’attività secondo il suo uomo. Perciò il Signore dice: Il Signore mi creò principio delle sue vie per le sue opere. Mi creò, chiaramente per mezzo della vergine Maria, per il cui tramite Dio ha scelto di unire la carne umana al suo proprio logos». In secondo luogo, l’affermazione «che il regno di Cristo avrebbe avuto una fine»: fondandosi sulle Scritture, precisa che «Cristo, nostro padrone, ha cominciato a regnare. C’è un passo che dice: Io sono stato stabilito re da lui su Sion, il suo monte santo (Sal 98, 1) e un altro: Il Signore ha regnato, tremino i popoli e ancora: Il Signore ha regnato, si rallegri la terra! E, in breve, data l’abbondanza di innumerevoli espressioni a testimonianza, è possibile dimostrare che l’uomo [Gesù] ha cominciato a regnare per mezzo del logos. Dunque, se ha cominciato a regnare da non più di quattrocento anni interi [dall’incarnazione], non è sorprendente che l’apostolo abbia detto che colui che ha ricevuto questo regno così poco tempo prima, consegni il regno senza dubbio a Dio che lo aveva costituito re, come dice la Scrittura». È, questo, il concetto inaccettabile per i padri conciliari del 381 che li ha spinti ad aggiungere nell’articolo riguardante Gesù Cristo «e il suo regno non avrà fine».
La teologia del vescovo di Ancira, precisa il curatore, «[…] ha il suo punto di partenza in una unità di Dio tale da non ammettere differenze di persona. Il logos, come facoltà in Dio, condivide la sua eternità e la sua divinità». Una teologia molto complessa la sua (l’Introduzione le riserva il secondo capitolo articolato in dieci paragrafi), basata sulle Scritture e in continuità con la predicazione apostolica; la sua “lettura” (ermeneutica) dell’Antico Testamento, esegeticamente fondata, è in rapporto con il Nuovo nei termini di profezia e adempimento. Una teologia espressa dalle opere autentiche di Marcello: Lettera a Giulio, Frammenti teologici de Sulla sottomissione di Cristo Signore o Contro Asterio e Sulla santa Chiesa.
* Marcello di Ancira, Opere, a cura di Samuel Fernandez; edizione italiana a cura di Emanuela Prinzivalli. Roma, Città Nuova, 2022, pp. 320. euro 32,00.