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Una parola che capovolge la situazione

Un giorno una parola – commento a Isaia 55, 12

Sì, voi partirete con gioia e sarete ricondotti in pace
Isaia 55, 12  

Il buon pastore chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori
Giovanni 10, 3

Isaia parla ad un popolo che per oltre quarant’anni è stato tenuto in deportazione, lontano dal suo paese, a piangere le sue città distrutte e a resistere agli inviti beffardi dei babilonesi che volevano sollazzarsi con le canzoni di Gerusalemme, incuranti del cordoglio dei deportati. A quel popolo, per bocca di Isaia, Dio fa giungere una parola che vuole capovolgere la situazione: non più segregazione e tristezza, ma libertà e gioia di partire; non più lontananza dal proprio paese, ma ritorno per vivere in pace. Dunque, slancio per vivere, volando alto sopra le miserie umane.

Spesso il messaggio di gioia dei profeti e dell’intero Evangelo, che ci spinge a rompere ogni indugio, si scontra con i molti timori che ci assillano. La gioia nell’andare dove vuole il Signore, è sempre velata da una patina di timore. È così che il messaggio di gioia deve fare i conti con la nostra incredulità, con la nostra determinazione a rimanere restii ad ogni slancio, per paura di lasciarci trasportare dai sogni e dalle illusioni. Rimaniamo con i piedi ben piantati a terra, gelosi del nostro “se non lo vedo, non ci credo”. Intanto ci piangiamo addosso, incapaci di muoverci.

Dio conosce il nostro anelito alla libertà dall’oppressione e anche il nostro bisogno di rassicurazioni in mezzo alle paure. Per questo la sua parola che risuona con maggior vigore è “Non temere, perché io sono con te”. Lo dice quel Salvatore che ha mostrato la sua vicinanza a Israele nei momenti peggiori della sua storia, quando fuggiva dagli egiziani, quando affrontava i nemici in Palestina. Lo dirà ancora, anzi lo mostrerà quando si presenta come l’Emanuele o il buon pastore che conosce le sue pecore, che le chiama per nome, che le difende dal lupo, che le fa abitare al sicuro.

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