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Senza parole

Un giorno una parola – commento a Isaia 51, 16

Io ho messo le mie parole nella tua bocca e ti ho coperto con l’ombra della mia mano
Isaia 51, 16

Io conosco le tue opere. Ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome
Apocalisse 3, 8

Sono senza parole. Questa è l’espressione che pronunciamo più comunemente quando accade un fatto così sconvolgente e che ci coglie di sorpresa. Essere senza parole significa anche avvertire un’assenza di risorse tale da non consentirci una libertà di analisi coerente dei fatti.

È in questi momenti che vorremmo risvegliare Dio. Vorremmo scuoterlo affinché mettesse le cose a posto e calmasse i nostri pensieri confusi. Il nostro autore, nella prima parte del verso 9 di questo capitolo grida: Risvègliati, risvègliati, rivèstiti di forza, braccio del SIGNORE! Risvègliati come nei giorni di una volta, come nelle antiche età! 

Ma Dio non dorme, né riposa (Salmo 121, 3s). Ci si aggrappa ai ricordi, alle conoscenze pregresse, cercando riparo e sicurezza nelle certezze del passato. Ma può aiutarci veramente questo ritorno con la mente a un tempo che fu? Sicuramente in un primo momento può servire a fare mente locale. Non possiamo, però, vivere di ricordi e fuggire il presente. Soprattutto non è possibile mettersi in dialogo con i tormenti attuali utilizzando parole vecchie. A questo punto interviene Dio che in un primo momento resta ad ascoltare. «Io, io sono colui che vi consola (Is. 51, 12).

Nell’agitazione, tutta umana, per non riuscire a rispondere adeguatamente al dramma che viviamo, Dio parla e si presenta. Egli parla ancora oggi per consolarci e ricordarci il suo immenso ed immutabile amore. Il popolo d’Israele ha già sperimentato la liberazione quando uscito dall’Egitto Dio gli fece attraversare il mare portandolo nella terra promessa ai padri. Egli è capace di dominare la furia del mare tempestoso e noi, come marinai nella sua barca, non abbiamo motivo di temere. Il timore ci rende schiavi, mentre la speranza ci libera. Dio non dorme, ma è l’uomo che dimentica.

Nella quiete della certezza che Egli non ci ha abbandonati ritroviamo le parole. Non sono nostre ma quelle che Egli stesso ha messo nella nostra bocca. Il mare agitato si calma, le onde si abbassano, il vento cessa, il battito del cuore rallenta riprendendo il suo ritmo vitale ed è solo in quel momento che le sue parole diventano, ancora una volta, nostre. 

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