Credere in un Dio che salva e libera
03 febbraio 2022
Un giorno una parola – commento a I Cronache 16, 35
Salvaci, o Dio della nostra salvezza! Raccoglici fra le nazioni e liberaci, affinché celebriamo il tuo santo nome
I Cronache 16, 35
Gesù prega: «Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi»
Giovanni 17, 11
Dio salva e libera. Sì, ma da che cosa? Non è facile comprendere da che cosa il Signore ci debba salvare, almeno non nella situazione che stiamo vivendo nel nostro Paese oggi. È una situazione caotica, resa più complicata da ciò che stiamo vivendo a livello politico e sanitario, ma non drammatica ad un punto tale, ci pare, da lanciare un grido per chiedere salvezza a Dio. Dunque, belle parole quelle del versetto, ma forse non proprio rivolte a noi.
Il versetto del libro delle Cronache che condividiamo fa parte della preghiera pronunciata davanti al popolo nel momento in cui l’Arca dell’alleanza arriva a una Gerusalemme saldamente nelle mani della gente di guerra del re Davide; è uno dei periodi della storia d’Israele in cui quel popolo ha meno bisogno di lanciare richieste d’aiuto e grida di salvezza. Eppure proprio lì, al massimo della sicurezza che trasmette il giovane e spavaldo re, di fronte alla rassicurante presenza dell’Arca, i cantori intonano queste parole: “Salvaci, Signore, liberaci”.
Non è una richiesta dettata da una situazione di emergenza, allora; è invece una confessione di fede. Il popolo che ascoltava quelle parole davanti all’Arca, il popolo che le ascolta oggi dalla Bibbia è il popolo che confessa di credere in un Dio che salva e libera. Prima ancora che noi sappiamo di aver bisogno d’aiuto, Dio salva; prima ancora che noi ci accorgiamo di esseri prigionieri, magari anche di noi stessi, Dio rende liberi. Dio stesso ha scelto di rivelarsi a noi in questo modo; assieme al popolo davanti all’Arca, anche noi lo incontriamo così e con lui vogliamo celebrare il suo santo nome.