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"Ascolta la mia voce": laboratorio artistico e terapeutico a Scicli

Alla Casa delle culture della Fcei un progetto per i migranti arrivati a novembre dalla Libia

Un laboratorio artistico per chi ha vissuto l’inferno libico. E’ una delle ultime attività svolte a Scicli, alla Casa delle culture, nelle ultime settimane, in particolare dalle persone arrivate in Sicilia nel primo corridoio umanitario dalla Libia, lo scorso novembre. A realizzarlo, come volontari, Karen e Bill Crooks, dall’Inghilterra, rispettivamente terapeuta e artista, facilitatore ed esperto in community building, hanno lavorato in passato con Ong, organizzazioni e chiese. Bill Crooks collabora come consulente con la Clewer Initiative, un progetto della Chiesa anglicana per contrastare lo sfruttamento delle persone e ogni forma di moderna schiavitù.

Al workshop hanno preso parte ventisette ragazzi, tutti ospitati presso la struttura della Fcei (Federazione delle chiese evangeliche in Italia) di Scicli, «con l’obiettivo di esprimersi attraverso l’arte», come spiegano i coniugi Crooks. I lavori realizzati dai migranti saranno tra l’altro parte di una mostra, che si intitolerà “Hear my voice” (“Ascolta la mia voce”), verrà organizzata a Roma a marzo e sarà  poi riproposta in altri luoghi e chiese europee. Il progetto comprende quattro fasi, inclusa la realizzazione di un video, una raccolta di lavori artistici realizzati da migranti e rifugiati, una serie di aquiloni e un’installazione sul tema dello sfruttamento dei lavoratori migranti.

L’impatto con l’arte, per le persone arrivate dalla Libia, è stato molto forte. «Alcuni di loro non avevano mai esperito l’arte, mai fatto un disegno. Gli abbiamo fatto costruire un aquilone e li abbiamo coinvolti in tecniche particolari, come la fluid art e l’uso di una cannuccia per dipingere. Il tutto per fargli soprattutto sperimentare la sensazione di essere liberi». L’arte dunque come strumento per «divertirsi e dimenticare, come punto di partenza per cominciare a far emergere ciò che si sente». Il laboratorio si è articolato in sette incontri, con lavori di gruppo e individuali, nei quali anche gli operatori e i volontari presenti a Scicli sono stati costantemente coinvolti. Karen e Bill Crooks hanno inoltre organizzato, a gennaio, due sessioni coi bambini e un workshop a Camini, il comune calabrese dove l’accoglienza è una realtà, e dove MH realizza progetti solidali, in collaborazione con Sos Rosarno. 

«La cosa che ci ha più colpiti – concludono i due volontari inglesi – è la capacità delle persone che hanno partecipato al laboratorio di non essere sopraffatti dai propri traumi e vissuti e di riuscire a sentirsi liberi, liberi di giocare. È stata una gioia vederli riprendersi o prendersi questa possibilità».

«Bill e Karen – aggiunge Giovanna Scifo, responsabile della Casa delle culture di Scicli – ci hanno fatto un bel regalo, un dono che ha ricordato a tutti e tutte noi che siamo persone che si incontrano. Dall’incontro nascono idee meravigliose, condivise, fatte insieme. Persone che si possono capire anche se non parlano la stessa lingua, possono giocare, ridere, nonostante la sofferenza, il disagio, l’incapacità di comprendere quello che succede intorno. A volte, nonostante tutti questi apparenti limiti, scocca una scintilla e in quei momenti le persone che accogliamo si sono sentite artiste, concentrate sulle loro opere. Nell’arte hanno messo tutto quello che sono riusciti a far emergere, in un gesto molto liberatorio, e alla fine li abbiamo visti sorridere, con espressioni molto diverse da quelle più preoccupate che vedevamo nei primissimi momenti, dopo il loro arrivo a Scicli. Grazie dunque a Bill e Karen per averci donato un laboratorio che ci ha ricordato l’umanità che ci accomuna».

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