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Dio, fonte di vita

Un giorno una parola – commento a Geremia 18, 14-15

Le acque fresche, correnti, si asciugano mai? Eppure il mio popolo mi ha dimenticato 
Geremia 18, 14-15

Dimorate nel mio amore! 
Giovanni 15, 9

Geremia pone una domanda retorica in cui una risposta affermativa configurerebbe un assurdo, sapendo che le acque di fonte, fresche e correnti, non si asciugano, perché rigenerate continuamente dalla sorgente da cui scaturiscono. Allo stesso modo è assurdo che il popolo dimentichi, o abbia dimenticato, il proprio Dio, sapendo che l’esistenza del popolo, dalla creazione alla liberazione dalla schiavitù d’Egitto, così come ricordata e celebrata continuamente nelle feste e nell’osservanza del Sabato, deve tutto al suo Dio, che è liberatore e salvatore, fonte di vita. 

Eppure, contrariamente ad ogni logica, i contemporanei di Geremia avevano dimenticato Dio e avevano attribuito il proprio benessere, scimmiottando la religiosità dei popoli limitrofi, agli idoli che andavano fabbricandosi, a cominciare dal vitello d’oro che venne presentato al popolo con queste parole: “O Israele, questo è il tuo dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto!” (Esodo 32, 4), senza che vi fossero state obiezioni ma, anzi, molte adesioni entusiaste. 

Assurdità, tradimenti, defezioni sono messe in conto in molti brani biblici. Gesù domandò ai suoi discepoli: “non ve ne volete andare anche voi ?” (Giovanni 6, 67). Lo chiese in un momento in cui il discepolato appariva controcorrente, con le folle che abbandonavano Gesù, dopo aver mangiato il cibo che il Maestro aveva moltiplicato per tutti. Di fronte alle masse manipolate, orientate a seguire tradizioni o interessi inconfessabili, è dura dover rimanere coerenti con la vocazione che ci è stata rivolta. Lì Pietro rispose per tutti noi: “a chi ce ne andremo noi? Tu hai parole di vita eterna …”. È la parola di vita di Gesù che ci fa stare saldi e coerenti in ogni circostanza.

Immagine: La fuga degli Israeliti dall'Egitto, II e III quarto del XIV sec., British Library

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