L’impegno evangelico al G20 delle religioni
20 settembre 2021
A Bologna un ricco calendario di iniziative curate da rappresentanti delle chiese evangeliche italiane e dalla locale chiesa metodista
Il G20 delle religioni, dall’11 al 14 settembre a Bologna, ha visto impegnati più di 370 partecipanti provenienti da 70 Paesi, in 32 sessioni di lavoro. 160 i relatori, 94 tra politici e diplomatici, 50 autorità religiose e 93 esperti, giunti nel capoluogo dell’Emilia-Romagna con l’obiettivo di costruire uno spazio di incontro e di dialogo, stimolando il dibattito sul tema al centro del Forum, “Time to Heal”, il tempo della guarigione.
Organizzato dalla Fondazione per le scienze religiose (Fscire) il G20, al di là, dei tanti tavoli di lavoro, ha vissuto alcuni significativi momenti di preghiera e riflessione. Alcuni fra questi hanno viste impegnate rappresentanti del mondo evangelico. Sabato 11 l’intensa cerimonia del Plorabunt, curata tra gli altri dalla battista Alessia Passarelli, ricercatrice della Fscire, che racconta: «Da quasi un anno abbiamo aperto un nuovo cantiere di lavoro mirato alla ricostruzione della memoria degli oranti uccisi nei luoghi di culto, e al contempo volto a capire dove avvengono gli attentati, chi riguardano e per mano di chi. Ci sono varie ragioni per questo progetto: provare a dare un nome, una dignità una memoria a coloro che hanno perso la vita in un luogo sicuro, in cui si erano recati in preghiera, per cercare conforto; inoltre tentare di comprendere le dinamiche che guidano certe azioni, al fine di evidenziare fra l’altro come molto spesso all’origine vi è una motivazione politica più che religiosa. Da ciò la riflessione, e la memoria comune che ne scaturisce e che diventa un peso, una responsabilità, nelle mani di coloro che praticano il dialogo interreligioso».
Da qui l’idea di organizzare a Bologna un momento di memoria e preghiera collettiva, con il coinvolgimento di leader religiosi di varie comunità religiose, chiamati a associare una preghiera al ricordo di alcuni attentati presi a esempio nel novero delle migliaia che dal 1982 a oggi, questo l’orizzonte della ricerca, hanno insanguinato ogni angolo della Terra.
«Importante avere momenti di incontro in cui ci si ferma a riflettere e a far pregare insieme persone di religioni differenti – conclude Passarelli-. Una delle sfide più grandi di questo G20 è stato raccogliere insieme leader religiosi, autorità politiche e mondo accademico per provare a pensare il futuro insieme in un tempo problematico come quello di oggi. Un tempo di guarigione appunto».
Il giorno seguente, domenica 12, è stata la locale chiesa metodista ad ospitare una preghiera ecumenica di riconciliazione, organizzata a tempo di record dalla pastora Giuseppina Bagnato, sempre su mandato della Fscire.
«Ho cercato di riflettere a partire da quello che è stato il tema conduttore del G20 Interfedi, cioè “time to heal”, il tempo per la guarigione, e e ho lavorato in continuità con l’evento della sera precedente, il Plorabunt, le cui riflessioni curate dalla pastora battista Lidia Maggi, erano state ispirate dal testo di Genesi 4, il fratricidio di Abele per mano di Caino, e dall’equivalente Sura 5 del Corano» ci spiega la pastora Bagnato.
«Da ciò ho pensato di restituire il testo in ambito liturgico con degli esempi concreti: all’interno della ricerca ecumenica di questi anni ho conosciuto la comunità della Croce dei chiodi che è oramai una presenza mondiale e che si sviluppa a partire da un esempio concreto verificatosi durante la Seconda guerra mondiale: la meravigliosa cattedrale medioevale di Coventry completamente da un bombardamento nazista che fu la risposta all’attacco inglese su Dresda.
La reazione dei religiosi della cattedrale fu una richiesta di perdono resa pubblica a pochi giorni dal bombardamento, che doveva nei loro cuori rappresentare un monito perché alla fine guerra tutto il mondo religioso si impegnasse per la riconciliazione. Ne è nata nel tempo anche una bellissima preghiera di riconciliazione e di perdono, prima davanti a Dio, e poi con un impegno concreto: la Coventry litany of reconciliation che parte proprio da un simbolo concreto, da tre chiodi della cattedrale non completamente fusi nell’incendio e intrecciati per creare una croce. In seguito ne sono state create altre donate a altre realtà che avevano patito distruzione e dolore affinché dalle ceneri risorgesse la fede comune».
Particolarmente efficace si è rivelata la cerimonia anche grazie alle voci dei membri del coro della chiesa metodista bolognese e alla presenza all’organo del maestro Wladimir Matesic.
«Abbiamo veramente bisogno di vivere una spiritualità che non può essere vincolata attraverso gli schermi di un computer- conclude Bagnato –; dispositivi che si sono rivelati strumenti utili da utilizzare per determinate funzioni e in caso di emergenza, ma che non potranno mai sostituire il bisogno di contatto, di sentire come comunità di fede che c’è qualcosa che ci unisce. Si tratta di un tempo di guarigione che dobbiamo donarci».
Lunedì 13 la moderatora della Tavola valdese Alessandra Trotta ha preso parte a un dialogo fra il cardinale di Bologna Matteo Zuppi e i rappresentanti di diverse fedi e chiese sul tema «La cosa più urgente dopo il Covid» dopo aver condotto un tavolo di lavoro su "La natura teologica del dialogo".