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La via dell’esilio dei valdesi (1687) in ebike

Dal Piemonte a Ginevra pedalando sulle strade che videro sfilare i valdesi deportati verso la Svizzera

Nel 2014 Marco Fraschia assieme all’amico Alessandro Plavan aveva già percorso la via dell’esilio dei valdesi del 1687. Si era trattato per lo più di una performance sportiva – quattro giorni da Saluzzo a Ginevra in bicicletta e nove giorni da Ginevra a Bobbio Pellice a piedi lungo l’itinerario del Glorioso Rimpatrio – per festeggiare i rispettivi 50 e 40 anni.

Quest’anno invece, da venerdì 30 luglio a domenica 8 agosto, assieme alla moglie Rinalda Benech e l’amica Lilia Davit, partendo rigorosamente in bicicletta da casa, ha ripercorso la via dell’esilio in modo decisamente più tranquillo e turistico. «Grazie a tappe non particolarmente lunghe – una media di 60/70 km al giorno – e l’uso di biciclette con pedalata assistita, prese a noleggio da Giacoletto bike di Luserna San Giovanni, è stata una bella esperienza di cicloturismo. A parte Saluzzo e Susa, dove sapevamo di dover arrivare per rispettare degli appuntamenti, non abbiamo mai prenotato niente: una scelta rischiosa, fattibile solo se si è in pochi, che tuttavia permette di gestire al meglio le proprie giornate, con la possibilità di fermarsi in caso di stanchezza, brutto tempo o una visita non programmata».

A fare da guida ai tre “turisti per caso” la pubblicazione di Albert de Lange e Samuele Tourn Boncoeur Sulle strade dei valdesi. La via dell’esilio per le Edizioni del Capricorno (2014, pp. 159), «un vademecum indispensabile e molto utile non solo per le notizie a carattere storico, ma anche per le dettagliate informazioni che permettono di seguire senza perdersi un itinerario scelto con cura lungo strade con poco traffico adatte a essere percorse a piedi o in bicicletta». La guida infatti è strutturata per fare il percorso in queste due modalità, ma Fraschia consiglia di farlo in bicicletta: «Alcuni tratti a piedi possono risultare lunghi e noiosi. In bicicletta invece si apprezza di più il paesaggio e si fatica di meno, pur cogliendo la lunghezza e l’impegno delle singole tappe che fecero i valdesi. È sufficiente poco bagaglio, lungo il percorso si trovano strutture ricettive di vario tipo – campeggi, b&b, posti tappa e alberghi – e soprattutto in Francia la bicicletta è sacra: corsie preferenziali e piste ciclabili per le due ruote, che ricevono dagli automobilisti attenzione, rispetto e precedenza. È davvero un peccato che l’itinerario sia poco percorso: meriterebbe sicuramente una frequentazione maggiore, tanto più che potendo scegliere la lunghezza delle tappe è accessibile a tutti. Le uniche salite un po’ impegnative sono al Moncenisio da Novalesa e al Col Tamiè da Tournon in Francia prima del lago di Annecy».

 

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