Nuovo format – nuove vie?
07 aprile 2021
La vicepresidente della Chiesa evangelica luterana in Italia, Ingrid Pfrommer, ragiona sulle sfide di un sinodo online
Nell’imminenza dell'appuntamento, non sono rare le serate di prova in vista della 2° Seduta del XXIII Sinodo della Chiesa Evangelica Luterana in Italia (Celi).
Per il primo sinodo online della Celi tutto deve essere ben preparato e testato. Un’esperienza completamente nuova e una possibilità di imparare qualcosa di nuovo, dice Ingrid Pfrommer, vicepresidente dei luterani italiani dal Sinodo 2020. Per la prima volta, è lei la responsabile dell’intera pianificazione del Sinodo insieme al presidente Wolfgang Prader.
Pfrommer, si aspettava che il suo secondo Sinodo da vicepresidente si svolgesse online?
«Ad essere onesti, no. Mi era già chiaro che la pandemia non sarebbe finita entro la fine del 2020, ma non mi sarei aspettata una tale recrudescenza di casi».
Non è stata una decisione facile…
«No, ma a gennaio non avevamo più dubbi. Non volevamo rimandare di nuovo la data, perché in questo momento la Chiesa è ancora più importante del solito e il Sinodo è un appuntamento strategico, un punto di riferimento nell’attività della Chiesa. Abbiamo preferito andare sul sicuro. Anche perché un tale evento con 56 partecipanti non può essere improvvisato in formato online solo qualche settimana prima. Tutto deve essere preparato nei minimi dettagli. Sono felicissima che il presidente Wolfgang Prader sia un grande esperto di computer e che il decanato ci sostenga con tanta competenza e creatività. Io stessa sto imparando molto in questi giorni! E per quanto riguarda la pianificazione, abbiamo naturalmente sollecitato le idee del concistoro».
Oltre al Sinodo, il compito più importante del Presidio è quello di rappresentare la Celi all’esterno; siete, per così dire, gli ambasciatori della Chiesa luterana. A causa del ritardo del Sinodo 2020, lei è in carica solo dallo scorso ottobre, pochi mesi quindi. E’ riuscita lo stesso a stabilire dei contatti nonostante il Covid?
«Come presidente della comunità di Torino, sono già molto in rete con le altre comunità Celi e anche con altre chiese, il che mi ha aiutato non poco. Viaggiare per partecipare a sinodi di altre chiese non è stato ovviamente possibile; in questo senso spero che potremo rimediare non appena la campagna di vaccinazione sarà finita e saremo di nuovo liberi di muoverci. È sempre meglio scambiarsi idee guardandosi in faccia, soprattutto quando non ci si conosce ancora».
Avete concentrato questo Sinodo Celi su sei tematiche che sono molto rilevanti per la chiesa e per la società: giustizia di genere, ambiente, diaconia, l’elaborazione della pandemia da Coronavirus, digitalizzazione e giovani. C’è qualcosa che a lei personalmente sta particolarmente a cuore?
«Tutti e sei i temi in egual modo, direi. Diaconia, naturalmente, mi sta particolarmente a cuore perché io stessa lavoro nel sociale. E per quanto riguarda l’ambiente, vedo una grande responsabilità e urgenza. L’ultimo anno in particolare ci ha mostrato chiaramente dove ci porta l’abuso del mondo che ci è stato affidato. Siamo una piccola chiesa, ma sono convinta che se molte persone uniscono le forze e agiscono insieme, si possono ottenere grandi cose».
A proposito di piccola chiesa. Al sinodo di quest’anno – naturalmente sempre online – oltre agli ospiti delle chiese partner, è atteso come ospite d’onore anche il Segretario Generale della Federazione Mondiale Luterana, Martin Junge. L’ha sorpresa il fatto che abbia accettato l’invito?
«Non proprio. Attraverso il nostro decano, Heiner Bludau, abbiamo potuto stabilire con lui un contatto diretto. Il pastore Martin Junge mi è sempre sembrato una persona molto concreta, che sta con entrambi i piedi per terra. Credo che per lui e anche per la Federazione luterana mondiale, non importi granché essere grandi o piccoli. Noi siamo importanti, come lo è qualsiasi altra chiesa, e ho l’impressione che lui sia felice di venire nella nostra chiesa della diaspora».
Con quale atteggiamento guarda al Sinodo?
«Gioia e anche preoccupazione che tutto si svolga senza intoppi. Ma soprattutto una grandissima curiosità. Non si può prevedere come si svilupperà. Per quanto mi riguarda, spero di poter seguire tutto al meglio e spero di essere d’aiuto. Una cosa è certa: le conversazioni, gli incontri in presenza mancheranno. Ed è una cosa importante della vita della chiesa. Ma sono altrettanto convinta che qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo emergerà… Noi siamo aperti! E io sono molto ottimista!»