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Dieci anni di guerra e dramma umanitario in Siria

Dopo dieci anni, metà della popolazione siriana è stata costretta a fuggire dalle proprie case. Un'intera generazione non ha conosciuto che distruzione e terrore

Era il 15 marzo 2011, dieci anni fa. Le manifestazioni e le proteste pacifiche contro il governo dittatoriale di Bashar al-Assad in Siria, nate sull’onda delle “primavere arabe” che scuotevano varie nazioni fra Africa Settentrionale e Medio Oriente, furono l’innesco inconsapevole di una guerra civile prima e di un conflitto internazionale poi, dalle caratteristiche devastanti e che ancora persiste. La violenta risposta delle forze militari rappresentò la benzina sul fuoco di una situazione esplosiva. L’ingresso sulla scena dell’Isis e di altri gruppi islamisti terroristi ha portato lo scontro ad un livello più alto, con l’ingresso in campo degli Stati Uniti, della Russia, della Turchia e di altre nazioni.

«In Siria, dieci anni di crisi hanno provocato una condizione di sofferenza umana immane – ha dichiarato ieri Filippo Grandi, Alto Commissario Onu per i rifugiati- . La comunità internazionale ha deluso i siriani. Come Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, alla guida della risposta a una delle più grandi crisi di rifugiati dei nostri tempi, ho il cuore pesante nei giorni di questa tragica ricorrenza. Essa costituisce per i leader mondiali un monito severo e un forte richiamo del fatto che questo decennio di morti, distruzioni e migrazioni forzate si è compiuto sotto i loro occhi».

Dopo dieci anni, metà della popolazione siriana è stata costretta a fuggire dalle proprie case. Più di 5,5 milioni di persone sono rifugiate nella regione, mentre altre centinaia di migliaia di persone sono sparse in 130 paesi. Altri 6,7 milioni di siriani sono rimasti sfollati all’interno del proprio Paese. In dieci anni, quasi nessuna città o villaggio è stata risparmiata dalla violenza, e la sofferenza umana e le privazioni vissute da chi è rimasto in Siria sono insostenibili.

«Il calo degli aiuti, unito alla recessione economica provocata dalla pandemia di COVID-19 – prosegue Grandi-  hanno spinto i rifugiati siriani a livelli di disperazione senza precedenti. In Libano, nove siriani su dieci vivono in estrema povertà. A ciò si aggiunge che a causa della perdita dei mezzi di sostentamento, dell’aumento della disoccupazione e del COVID-19 anche milioni di giordani, libanesi, turchi e iracheni delle comunità ospitanti vivono oggi sotto la soglia di povertà.

D’altra parte, siamo stati testimoni della straordinaria generosità che ha permesso di salvare milioni di vite siriane. I paesi confinanti con la Siria hanno ospitato milioni di rifugiati siriani, assumendosi grandi responsabilità. Le loro economie, le risorse già scarse, le infrastrutture e le comunità sono sottoposte a una fortissima pressione.

Fuori dalla regione, un’ondata di solidarietà con i rifugiati siriani ha portato molti governi a cambiare politiche e ad intraprendere azioni concrete di aiuto sia per i siriani sia per i paesi ospitanti, attraverso strumenti come il reinsediamento, le riunificazioni familiari, i visti umanitari, le borse di studio e altri percorsi sicuri e regolari».

Fra queste azioni anche i corridoi umanitari promossi, a partire dal 2016, dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, dalla Tavola valdese e dalla Comunità di Sant’Egidio. Il 29 febbraio di cinque anni fa arrivavano all’aeroporto di Fiumicino le prime 24 famiglie siriane accolte in Italia.

Da allora oltre 2 mila persone sono giunte in sicurezza nel nostro Paese, e il progetto è stato replicato anche in Francia e in Belgio. Numeri contenuti di fronte all’immane dramma umanitario, ma un esempio concreto di quali pratiche andrebbero messe in atto dalle nazioni europee, arroccate invece in posizioni difensive incomprensibili.

Un’intera generazione è vissuta nel mezzo di una tragedia quotidiana e sono ovviamente i più piccoli a patirne le conseguenze peggiori. Come ricorda il report della Ong Save The Children « Oggi, in Siria, 2 milioni di bambini sono tagliati fuori dalla scuola e altri 1,3 milioni rischiano fortemente di perdere l’istruzione; l’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà e 6,2 milioni di bambini rischiano di restare senza cibo, con almeno 137 mila minori sotto i cinque anni di età che già in questo momento stanno soffrendo la malnutrizione acuta. Solo nel 2020, nel Paese, i minori sono stati vittime di oltre 2.600 gravi violazioni nei loro confronti e 1.454 bambini sono stati uccisi o sono rimasti gravemente feriti; 157 gli attacchi armati contro le scuole registrati in un solo anno e in quasi 1 famiglia siriana su 3 i figli mostrano evidenti segnali di stress psicosociale».

Numeri impietosi, che inchiodano coscienze. «Questa guerra orribile e infinita, che dopo dieci anni continua ad avere conseguenze disastrose sulla popolazione, sta strappando l’infanzia dalle mani di milioni di bambini siriani. Tutto questo è semplicemente inaccettabile: il mondo non può voltarsi dall’altra parte mentre i bambini vengono derubati del loro futuro. Questo conflitto prolungato rischia di avere conseguenze anche a lungo termine sulla vita e sullo sviluppo dei minori, sia in Siria che negli altri Paesi, minando alla radice le loro opportunità di studiare e crescere coltivando i propri sogni, come ogni bambino al mondo dovrebbe poter fare. Tutti i bambini siriani hanno bisogno di sentirsi protetti e al sicuro. Bisogna fare di tutto per ricostruire il loro futuro e restituire quell’infanzia che è stata loro brutalmente strappata dalle mani e alla quale hanno semplicemente diritto», ha dichiarato Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children in occasione della presentazione del rapporto “Ovunque, ma non in Siria”, curato dalla ong che da oltre 100 anni si occupa di tutela dell’infanzia nel mondo.

Come raccontato dall’agenzia stampa Nev – Notizie evangeliche, «Una dichiarazione firmata da 35 agenzie umanitarie invita la comunità internazionale a chiedere con forza la fine dei conflitti in Siria e a intensificare gli aiuti umanitari urgenti.

C’è il rischio di “danni irreversibili”, se le crescenti esigenze umanitarie non verranno affrontate e non si trovasse una soluzione politica. Le agenzie chiedono alla comunità internazionale di agire con urgenza “per porre fine alla crescente sofferenza del popolo in Siria”.

Nella dichiarazione, diramata l’11 marzo, gli organismi (fra cui la Federazione luterana mondiale -FLM- sotto l’egida di ACT Alliance) sottolineano che in Siria oltre l’80% delle persone vive in povertà. Sono inoltre altissimi i livelli di insicurezza alimentare».

Oltre 14 milioni di siriani – scrivono le agenzie umanitarie – non hanno accesso regolare all’acqua pulita. Circa due milioni e mezzo di bambini non vanno a scuola. La pandemia di covid-19 ha peggiorato ulteriormente la situazione in Siria.

«La dichiarazione arriva a pochi giorni dalla conferenza che si terrà a Bruxelles il 29 e 30 marzo prossimi prosegue in testo del Nev- . Si tratta della V conferenza dei ministri del governo dell’Unione Europea, che si svolgerà online a causa delle restrizioni in corso».

 

Foto di News Cameraman Video Journalist, campo profughi "temporaneo " a Idlib, vicino al confine con la Turchia, che ospita almeno un milione di persone

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