Appartenere a Cristo
26 febbraio 2021
Un giorno una parola – commento a Giovanni 17, 6-7
Ecco, egli forma i monti, crea il vento, e fa conoscere all’uomo il suo pensiero. Il suo nome è il Signore, Dio degli eserciti
Amos 4, 13
Gesù pregava: «Io ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dati dal mondo; erano tuoi e tu me li hai dati; ed essi hanno osservato la tua parola. Ora hanno conosciuto che tutte le cose che mi hai date, vengono da te»
Giovanni 17, 6-7
La comunità dei credenti si fonda nell’atto di rivelazione storica di Dio in Cristo. Tale rivelazione consiste nel manifestare il suo nome e cioè l’identità fondamentale della persona di Dio per l’umanità. Le caratteristiche della comunità dei discepoli sono essenzialmente due: essi appartengono a Cristo; il fondamento di tutta la loro fede consiste nella conoscenza della Parola ricevuta.
In sintesi, la Chiesa è di Cristo e attraverso la rivelazione del Padre riceve anche quella del Figlio come colui che è stato inviato all’umanità.
Appartenere a Cristo rende i credenti stranieri nel mondo e l’estraneità è una qualità distintiva della santificazione.
Stranieri ma non estranei perché il mondo continua ad essere quel campo di missione nel quale anche noi siamo inviati per rivelare la natura di Dio.
Ebbene sì, ogni credente è un missionario (il contrario sarebbe essere “dimissionario”) chiamato ad annunciare una parola non sua, una rivelazione altra che lo rende responsabile dinanzi all’umanità. La responsabilità dell’annuncio di questa rivelazione è tutto ciò che collega i credenti al mondo nel quale vivono. Ma in che cosa consiste praticamente la natura di questa rivelazione? Essa si basa sulla testimonianza di Cristo e del suo amore. Siamo certamente chiamati a vivere come il Signore e a manifestare amore ma senza il peso di doverlo fare a partire da noi perché tutte le cose buone e giuste che abbiamo e che possiamo offrire in realtà non sono nostre, esse vengono unicamente da Dio che ce le ha donate.
Siamo suoi, la Parola che predichiamo è sua, l’amore che manifestiamo ci è stato donato ed io ritengo sia meraviglioso non dover contare sulla mia identità, sulle mie forze e possibilità per compiere il suo volere su questa terra, perché tutto ciò che mi appartiene può venir meno in un momento, ma in un modo o nell’altro Dio continuerà a rivelarsi a questo mondo afflitto e oppresso, questo è certo.