La nascita della specie umana
21 gennaio 2021
Un giorno una parola – commento a Genesi 2.7
Dio il Signore formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne un’anima vivente
Genesi 2.7
Giovanni scrive a Gaio: «Carissimo, io prego che in ogni cosa tu prosperi e goda buona salute, come prospera l’anima tua»
III Giovanni 2
Da dove veniamo? Cosa siamo, ancora più che chi siamo? I millenni si interrogano sulla natura umana, e non si danno risposta, ma solo risposte. Quando per qualche ragione ci affezioniamo a una di queste, quando la reputiamo indispensabile, fondativa per il nostro vivere civile, oppure ci sembra che ci regali quel tocco di dignità in più che tanto ci gratifica e ci rassicura, ci arrabbiamo molto quando ce la toccano. È successo anche con questo racconto biblico, che qualcuno trova indispensabile imbalsamare e mettere sotto una campana di vetro, tanto da chiedere che nelle scuole venga insegnato vicino e in alternativa alle teorie scientifiche sulla nascita della specie umana. Ovviamente, facendogli un gran torto: i redattori del racconto erano mille miglia distanti dal pensiero scientifico come noi lo conosciamo, e non ne condividevano né le curiosità, né le motivazioni né gli scopi. Cercavano altre verità, e sapevano bene quello che a qualcuno sembra sfuggire: all’uomo appartengono le verità, ma la Verità gli sfugge. E questo racconto ci spiega almeno in parte il perché.
Sospetto che agli autori biblici importasse veramente poco come nei fatti fosse sorta la specie umana su questa terra: interessava moltissimo quale essa fosse, pensavano di poter dire alcune cose a riguardo, e cercavano di farlo in modo da farsi capire e non dimenticare: l’essere umano è poca cosa, è fragile (di terra, come il pentolame a buon mercato), è umile, e se ne deve ricordare. Ma vive, per un breve tratto, ha una volontà, dei desideri, paure, sentimenti. Ragiona, gli pare che l’intero universo viva contenuto nella sua mente e nel suo pensiero. Cosa ancora più fantastica, ne è consapevole. Agli autori biblici ben poco poteva importare di ciò che non era alla loro portata, ma erano già consapevoli di questa verità immutabile. L’uomo sa di se stesso, nella sua umile fragilità porta il segno della propria irriducibile differenza, che è carisma e condanna, un soffio che non viene da lui.