Fedeltà a Cristo
08 gennaio 2021
Un giorno una parola – commento a Ebrei 12, 12-13
Dio è la mia salvezza e la mia gloria; la mia forte rocca e il mio rifugio sono in Dio
Salmo 62, 7
Rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia vacillanti; fate sentieri diritti per i vostri passi
Ebrei 12, 12-13
Fin dall’apertura di questo capitolo la figura del credente è paragonata a quella dell’atleta che si cimenta nella gara della corsa, tenendo fisso lo sguardo sul traguardo da raggiungere: la fede di e in Cristo. L’immagine è ispirata fortemente alla I Epistola ai Corinti, il cui autore, l’apostolo Paolo, si prefigge uno scopo ben preciso: allenare la mente, come fa l’atleta con il corpo, a raggiungere il traguardo della fedeltà a Cristo. Nell’Epistola agli Ebrei non si parla esplicitamente della fedeltà all’Evangelo di Cristo, ma alla fede di Cristo, che è praticamente la stessa cosa. L’esortazione dell’autore al credente consiste proprio nel sollecitarlo a un serio allenamento per temprarne le capacità alla resilienza, alle difficoltà della vita quotidiana nella prospettiva di avvicinarsi quanto più possibile alla fede di Cristo, intesa sia nel senso della stessa fede di Cristo nel Padre e nel suo Regno sia nel senso del raggiungimento di una propria fede quanto più possibile forte, matura e incrollabile. D’altronde avere il dono della fede non significa starsene ormai tranquilli, perché tutto procederà automaticamente nel senso della coerenza con la propria prassi di vita. In altre parole avere fede o, meglio, conservare la fede non significa necessariamente restare coerenti al dono ricevuto, perché comunque necessita di esercizio continuo all’interno della comunità di appartenenza ovvero della pratica dell’aiuto reciproco e del portare i pesi gli uni degli altri. Ma anche lo stesso dialogo con gli altri membri comunitari, l’ascolto continuo e costante della Parola, la condivisione dei sacramenti e delle agapi fraterne, gli aiuti comunitari ai bisognosi di turno sono tutti fattori che irrobustiscono la fede del credente. In definitiva la nostra fede deve ispirarsi e mirare a raggiungere quella di Cristo; per cui non si può sottovalutare l’identificazione del Signore con gli ultimi della società ovvero con i poveri, gli afflitti, gli scartati e i carcerati. Questa è stata la vita di fede di Gesù e a questa fede bisogna che l’umanità credente si adegui.