Bando prof religione cattolica nel 2021, a 17 anni dal primo
17 dicembre 2020
La ministra dell'Istruzione Azzolina e il presidente della Cei hanno sottoscritto l'intesa sul concorso per l'assunzione degli insegnanti di religione cattolica. Un commento dell'avvocato Ilaria Valenzi, referente legale della Fcei, da anni impegnata per il pluralismo religioso
Entro l’anno prossimo si terrà, a diciassette anni dall’ultima volta, il concorso per l’assunzione degli insegnanti di religione cattolica. Ne ha dato notizia il 14 dicembre il sito del Ministero dell’Istruzione.
La Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), il Cardinale Gualtiero Bassetti, hanno sottoscritto l’Intesa sul concorso per l’assunzione degli insegnanti di Religione Cattolica, necessaria per poter procedere con il bando vero e proprio. La procedura concorsuale ha l’obiettivo di coprire i posti che saranno vacanti e disponibili nel prossimo triennio. Il bando è previsto dalla legge 159 del 2019 e sarà emanato nelle prossime settimane. Siglando l’intesa, il cardinale Bassetti ha ricordato che «il prossimo concorso costituisce un passaggio importante non solo per la stabilizzazione professionale di tanti docenti ma anche per la dignità dello stesso insegnamento, frequentato ancora oggi – a trentaquattro anni dall’avvio del nuovo sistema di scelta – da una larghissima maggioranza di studenti».
«Ringrazio la Cei per la collaborazione che ci ha consentito di arrivare a questa intesa – ha commentato la Ministra dell’Istruzione – che va nella direzione di tutelare le aspirazioni degli insegnanti di religione cattolica che, anche in questo periodo così complesso, hanno lavorato alacremente, in sinergia e armonia con tutto il personale scolastico, per garantire l’effettività del diritto allo studio delle nostre studentesse e dei nostri studenti. Insegnanti che, facendo valere competenze e merito con il concorso, potranno entrare in ruolo e proseguire il loro percorso professionale con maggiore stabilità».
Una decisione che arriva dunque a ben diciassette anni dal primo bando, del 2004 (l’allora Ministra dell’Istruzione era Letizia Moratti, governo Berlusconi II, ndr). E che si inserisce nel quadro dell’accordo di revisione del Concordato lateranense stipulato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana il 18 febbraio 1984. Tra i requisiti di partecipazione alla procedura concorsuale «è prevista la certificazione dell’idoneità diocesana rilasciata dal responsabile dell’ufficio diocesano competente nei novanta giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda di concorso».
Il precariato nella scuola
Il sindacato Anief – nel quale pare sia stata attiva per molti anni proprio la stessa ministra Azzolina – è intervenuto oggi segnalando che rispetto ad una media nazionale di precariato degli insegnanti attorno al 25%, per i docenti di religione la percentuale sarebbe doppia. Superiore anche al comparto del sostegno, sempre secondo l’associazione di categoria, che si contraddistingue per il 40% di supplenze annuali.
Secondo l’avvocato Ilaria Valenzi, referente legale della FCEI, «In un momento di grossa difficoltà della scuola e di incertezze sui concorsi si firma un – legittimo – accordo per bandire un concorso per la stabilizzazione e poi per l’ingresso degli insegnanti di religione cattolica che ad oggi non hanno un posto fisso a scuola, a fronte del bisogno generale che c’è di stabilizzazione del corpo insegnanti che è in gran parte composto da precari».
Richiesta legittima dunque quella di un concorso «come gli altri» docenti ma «fa un po’ specie che in una fase come questa si arrivi a una firma di un accordo del genere, segna una priorità di interesse», aggiunge Valenzi.
La polemica che la notizia ha suscitato, intanto, (riportata tra gli altri anche da Repubblica) è poi che parte degli interessati vorrebbe un concorso «senza soglia di sbarramento», ovvero senza requisiti iniziali per partecipare.
A scuola di pluralismo
Il nuovo bando è l’occasione per riflettere sul tema, molto discusso anche nel mondo protestante, dell’insegnamento delle religioni e nello specifico dell’ora di religione cattolica. «Non abbiamo dati certi ma sappiamo che c’è un’erosione continua degli studenti e delle famiglie che fanno questa scelta – dichiara l’avvocato Valenzi, da anni impegnata a favore del pluralismo religioso -, certamente è maggioritaria ma è in calo. Tale fenomeno potrebbe essere interpretato con due letture. Attraverso la lente della secolarizzazione in atto, in primis. E in secondo luogo con il fatto che si manifesta in Italia un pluralismo religioso che andrebbe gestito con insegnamenti diversificati rispetto a quello unico confessionale, dovuto al Concordato».
Secondo don Daniele Saottini, responsabile del Servizio nazionale della Cei per l’insegnamento della religione cattolica, in un’intervista a Vatican News di alcuni mesi fa, l’86% degli studenti italiani di tutti gli anni frequenterebbe l’ora di religione. Questo dato negli ultimi trent’anni, ovvero dalla riforma del Concordato tra Stato italiano e Chiesa Cattolica ad oggi, sarebbe diminuito di circa il 10%.
Molto polemici, intanto, come era prevedibile, rispetto alla notizia del concorso 2021, gli atei. Oggetto della discordia, in particolare, il finanziamento pubblico dei posti messi a bando. Chi paga e pagherà gli stipendi ai professori di fede cattolica – o comunque la cui fede sarà certificata dall’autorità competente -, insomma, è e sarà lo Stato italiano. «Per ricevere a vita lo stipendio dallo Stato – si legge in un post sulla pagina fb dell’UAAR, l’unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti – per una materia facoltativa e dottrinale! – i candidati devono essere in possesso dell’ “idoneità diocesana” rilasciata dal vescovo nei 90 giorni antecedenti alla data di presentazione della domanda. Posti di lavoro pubblici decisi dal vescovo, che seleziona cittadini italiani in base a comportamenti che tengono nella vita privata e alla loro fedeltà alla dottrina della Chiesa. Facile immaginare che i selezionati saranno a lui debitori per questo “miracolo” a spese della collettività».
Un posto di lavoro, conferma Valenzi, «che grava sulle casse dello Stato, quindi, come quello del resto del corpo docente, senza però il cursus “normale” degli insegnanti, che segue cioè una sua procedura propria e necessita del benestare vescovile». E che sancisce con ogni evidenza, in qualche modo, una differenza tra i professori di religione cattolica e quelli delle altre materie.