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Capire il perché del male

Un giorno una parola – commento a Giobbe 9, 2-3

Sì, certo, io so che è così; come potrebbe il mortale essere giusto davanti a Dio? Se all’uomo piacesse disputare con Dio, non potrebbe rispondergli su un punto fra mille
Giobbe 9, 2-3

Lo scriba disse a Gesù: «Bene Maestro! Tu hai detto secondo verità, che vi è un solo Dio e che all’infuori di lui non ce n’è alcun altro; e che amarlo con tutto il cuore, con tutto l’intelletto, con tutta la forza, e amare il prossimo come se stesso, è molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù, vedendo che aveva risposto con intelligenza, gli disse: «Tu non sei lontano dal regno di Dio»
Marco 12, 32-34

Nel suo discorso nei capitoli 9-10, Giobbe risponde alla diatriba che contro di lui aveva lanciato Bildad al cap. 8. Il principale argomento di questo amico si può riassumere così: vi è fra Dio e l’essere umano un abisso, una distanza incolmabile. Il destino dell’uomo è segnato dal suo stesso comportamento, Dio non ha un reale interesse né nel punirci né nel benedirci. L’uno o l’altro destino è collegato semplicemente a quello che facciamo sulla terra e avviene durante la nostra vita mortale. Nessuno può ribellarsi contro il giudizio di Dio, chiamare Dio in causa o pretendere da Dio una spiegazione per il suo destino. La sua risposta a Giobbe è che Dio ha sempre ragione, la morale e la giustizia stanno sempre dalla parte dell’onnipotenza. La domanda di Giobbe sul perché della sofferenza del giusto rimane in questo caso non solo senza risposta ma senza nemmeno la possibilità di essere presa in considerazione, sarebbe impossibile e incoerente, ogni sofferenza è risultato della colpevolezza dell’essere umano.

Pure Giobbe è convinto dell’onnipotenza divina, della sua immensità, ma si chiede, perché la stia esercitando proprio contro di lui e in quel modo terribile. Lui sa che nessuno è giusto se paragonato con la giustizia divina, ma il confronto sulla giustizia dell’uomo Giobbe dovrà essere fatto con l’altro uomo suo simile. Allora vi sarà una possibilità di difendere la propria giustizia dinanzi a Dio. Questa sua convinzione d’innocenza lo muove a cercare un confronto chiarificatore, un dialogo con Dio stesso, non per interrogare Dio o per disputare con lui, ma per capire il perché della sofferenza di questo uomo concreto chiamato Giobbe. Giobbe vuole capire non l’origine del male in senso generico, ma il perché del male che colpisce proprio lui. Se Dio accettasse il dialogo, il confronto, allora Giobbe potrebbe dimostrare dinanzi a Dio la sua giustizia, e Dio non potrà fare altro che restaurarlo alla sua condizione precedente.

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