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Cimitero dei feti coi nomi delle madri, le donne evangeliche: «Sconcertate da questa aberrazione»

Il rammarico della Federazione delle donne evangeliche «per la grave violazione dei diritti della privacy, dei diritti delle donne ma anche per la violenza istituzionale che questo fatto svela»

Un cimitero pieno di croci con scritti i nomi e i cognomi di donne che non sono morte. Ma che hanno abortito. A ogni feto seppellito, corrisponde il nome di una donna. Lo ha denunciato una di loro, M.L., in un post su Facebook, spiegando di non aver mai acconsentito a tale scelta.

Il Garante per la protezione dei dati personali ha avviato un’istruttoria sul caso. «In relazione alla dolorosissima vicenda del feto sepolto con il nome della mamma, – si legge in un comunicato del 30 settembre, sul sito dell’Autorità – il Garante per la protezione dei dati personali ha deciso di aprire un’istruttoria per fare luce su quanto accaduto e sulla conformità dei comportamenti, adottati dai soggetti pubblici coinvolti, con la disciplina in materia di privacy».

«Di fronte alla denuncia in questione e alle dichiarazioni della presidente dell’associazione  “Differenza donna” su ciò che accade in uno dei cimiteri della capitale», dichiara Gabriela Lio, presidentessa della Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI), la FDEI «si rammarica per la grave violazione dei diritti della privacy, dei diritti delle donne ma anche per la violenza istituzionale che questo fatto svela».

Ieri alcuni consiglieri regionali e parlamentari, su iniziativa della deputata Leu Rossella Muroni e della capogruppo della Lista Zingaretti Marta Bonafoni, hanno depositato un’interrogazione per far luce sulla vicenda.

«Siamo sconcertate – continua in una nota la FDEI – del fatto che donne che hanno liberamente scelto d’interrompere la gravidanza, a quanto risulta senza dare il loro consenso, si ritroverebbero, in un cimitero di Roma, una croce con il loro nome.
Alla scoperta di questa aberrazione ancora di più condividiamo la nostra preoccupazione di fronte alle diverse manifestazioni dei comitati contro la legge 194, alle immagini religiose e scritte pro-vita, al numero elevato di obiettori di coscienza tra i medici ginecologi, che oggi raggiunge quasi il 70%. La FDEI ritiene importante unirsi in una sola voce nel dibattito in corso sulla legge 194 e sostenere le associazioni che intendono procedere con azioni legali collettive, consapevoli che il nostro contributo ed impegno siano necessari per combattere il razzismo e l’esplosione di atti contro le donne nonché solidarizzare con le donne, nella loro libertà di scelta ed autodeterminazione».

Da Nev.it

Foto di Maria Oswalt, unsplash.com

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