Nel momento del dolore più profondo
21 settembre 2020
Un giorno una parola – commento a Salmo 88, 8-9
Io sono imprigionato e non posso uscire. I miei occhi si consumano di dolore; io t’invoco ogni giorno, Signore
Salmo 88, 8-9
Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno
Giovanni 17, 15
Il salmo 88 contiene alcuni dei passi più tristi e sconsolati dell’intera Bibbia. Non solo i due versetti proposti per la meditazione di oggi, ma l’intero salmo è senza speranza. L’autore esprime tutto il suo profondo lamento, che lo fa sentire abbandonato ed evitato anche dalle persone più care, gli amici, coloro che gli volevano bene e ora provano ripugnanza per lui. Il salmista è profondamente prostrato ed addolorato e nulla è in grado di consolarlo, nulla riesce a infondergli coraggio e forza, neppure l’accorata preghiera, che anzi diventa un ulteriore strumento di tortura: il Signore non solo non sembra volerlo liberare dalla sua angoscia, ma forse ne è addirittura la causa. Il salmista dice infatti: «Tu mi hai messo nella fossa più profonda, in luoghi tenebrosi, negli abissi. L’ira tua pesa su di me, tu mi hai travolto con tutti i tuoi flutti» (vv. 6-7).
L’ira tua pesa su di me. Sono abbandonata da tutti, anche dal Signore. Ecco la tentazione, forte, fortissima, che tante volte ha lambito anche noi: «A che vale la tua fede, se il tuo Dio ti lascia solo», recita uno dei nostri inni più amati e cantati. Quando lo sconforto ci assale, quando la solitudine e il dolore non ci danno tregua, abbandoniamo il Signore, ci lasciamo andare al vuoto della nostra vita e non siamo più in grado di sentire la voce del nostro Padre misericordioso. E cadiamo nella tentazione più vischiosa e grave: come si fa a credere che esista un Padre amorevole, se si è sprofondati nel dolore e nella solitudine?
Ma Dio si è incarnato anche per questo, anche per mostrarci la via della croce: dolorosa, dolorosissima, ma non senza via d’uscita, non senza speranza. Nel momento del dolore più profondo, quando più ci sentiamo abbandonati, dobbiamo pensare a quell’uomo sulla croce che forse si è sentito abbandonato come noi, ma ha sconfitto la morte e prega per noi affinché non diventiamo preda del maligno. A Lui affidiamoci con gioia e speranza, a Lui sciogliamo «di lode un canto». Amen!