Nudi davanti a Dio
29 luglio 2020
Un giorno una parola – commento a Giobbe 1, 21
Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra
Giobbe 1, 21
Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo, e neppure possiamo portarne via nulla; ma avendo di che nutrirci e di che coprirci, saremo di questo contenti
I Timoteo 6, 7-8
La nudità è uno dei più grandi tabù culturali, non solo biblici; nel libro della Genesi abbiamo imparato che non è bene vedere la nudità dei propri genitori, Cam viene maledetto da suo padre per averlo visto nudo. Freudianamente sognare di essere nudi in pubblico significa sentirsi profondamente esposti come persone in una situazione troppo stressante.
Ma il tema del versetto di Giobbe non è esattamente la nudità di cui vergognarsi, di cui avere persino timore, ma è una nudità radicalmente diversa: la nudità per Giobbe è vulnerabilità da accettare e trasformare in liberazione. Giobbe accetta così la prova di forza tra Satana e il Signore, cioè la perdita di tutti i suoi averi e la morte dei suoi figli e delle sue figlie. Si salvano solo la moglie e tre servi. Giobbe è pronto a morire, o è pronto ad accettare la morte riconoscendo che la vita ha un inizio e una fine, dopo di essa, davanti a Dio i vestiti, il pudore, ogni nostro ruolo avuto in vita non hanno più alcuna importanza.
Ai limiti della vita siamo indifesi e nudi come vermi, questo è come vuole essere Giobbe davanti a Dio: consapevole della sua vulnerabilità. Al tempo stesso la nudità di Giobbe è una liberazione da ogni ruolo che ha rivestito agli occhi della moglie, degli amici, di se stesso e perfino di Dio. Giobbe nudo si mostra vulnerabile e disponibile a lasciarsi andare completamente nelle mani di Dio e a fidarsi di Dio che ci accoglie così come siamo, senza vestiti, pudori, ruoli e vulnerabili e fragili.
La nudità che altrove nella Bibbia è tabu qui diventa liberazione e accettazione di stare davanti a Dio così come siamo, senza poter nascondere niente, senza poterci vantare di alcuna buona azione.