Lo strano percorso di una malattia che diventa cura
25 giugno 2020
Un libro intimo e coinvolgente all'interno della storia semplice di una donna e del suo mondo che si sgretola piano. Senza rumore. Ma con tutta la forza dell'amore e delle rinascite
I fiori del lunedì, così li hanno chiamati gli infermieri del Mission Hospital ad Asheville, in North Carolina. Un mazzo di fiori che da 12 anni giungono nel reparto di oncologia senza alcun tipo di informazione sul loro mittente. Un gesto pieno di splendore che continua nel tempo lasciando esterrefatti staff e pazienti. Ogni lunedì, da più di dieci anni, uno sconosciuto invia un pensiero ai degenti. Così chiunque può godere della bellezza semplice della natura e dell'animo enorme che a volte l'umanità può mostrare.
Lea ha quarantanove anni, un lavoro affermato come scrittrice e attrice di teatro. È sposata con Shlomo, un uomo israeliano ed è madre di tre figli maschi, tutti diversissimi tra loro.
Una famiglia normale, una vita uguale a quella di tante altre ma infelice nella sua profondità.
“Sappiamo già tutto di noi, fin da bambini, anche se facciamo finta di niente” dice Lea. Che è cresciuta, insieme al fratello, in un ambiente famigliare carico di conflitti.
Una madre condizionata da un'ansia devastante, la fuga dei vent'anni per potersi liberare da quel peso rinchiuso nelle mura della casa di infanzia e gli scontri con vite e esperienze fino ad arrivare all'età adulta. Uno strascico di tutti i pesi degli anni e, a sua volta, di un'ansia irrefrenabile tenuta sotto un tappeto sempre sull'orlo di esplodere.
“Shlomo non parla di sentimenti, sesso, salute. La sua freddezza mi fa male in un punto preciso del corpo”. Un amore che nasce in una Gerusalemme antica ma priva di magia. Un amore che Lea, in 15 anni, scopre essersi trascinato nei silenzi, nelle mancanze e nell'animo distaccato di un uomo che non sempre riesce a capirla. Anzi. Ed è proprio nelle insenature di quelle crepe che si installa per Lea una novità. Si chiama tumore al seno e la devasta nella maniera più silenziosa e consapevole che possa esserci. Possibilità più che disgrazia. Sfida più che guerra.
“Storia della mia ansia” è un testo sulla rinascita e sulla liberazione. La storia universale di ogni uomo racchiusa in quella di una donna adulta e stanca della sua parte più oscura. Il racconto di un percorso interiore e medico che si interseca con le storie dell'amore che ci tiene in vita. Che ci aiuta a superare qualsiasi cosa. Anche la più grave.
“Mi sono concessa di riconoscere l'ansia solo quando ho creduto di aver scoperto la cura: scrivere storie, portarle in scena. È stata l'ansia a non farmi fermare mai” dice sempre Lea, la protagonista di questa storia piccola. Giornalista, scrittrice e conduttrice televisiva, Daria Bignardi (Ferrara, 1961), si è presa tre anni di tempo per dare luce a questo romanzo intimo. Mesi di stesura e riscrittura per riuscire a donare al respiro di Lea, all'amore incompreso di Shlomo e agli altri personaggi secondari ma vividi, il giusto peso. Quello di una malattia vissuta in prima persona dall'autrice ferrarese. Quello di una vita costruita sulle costrizioni che a un certo punto iniziano a scalpitare senza lasciare spazio. Senza dare nessuna via di fuga se non quella della libertà.
Ci si aspetta “solo” un libro sul cancro, sulla malattia e il dolore e ci si trova la storia di una partenza. Un flusso di luce che porta a un mare che ognuno di noi ha a portata di mano. E che, spesso, impieghiamo tutta la vita a raggiungere.
Storia della mia ansia, Daria Bignardi, Mondadori, 192 p., 18 euro